Un altro santo si inchina a un mafioso, succede a Paternò appena dietro Catania, è notizia di due giorni fa. Un’altra volta la Chiesa è accondiscendente verso quel potere fino a sembrarne preda. Sui preti e sui mafiosi.
Isaia Sales, che insegna Storia della mafia al Suor Orsola Benincasa, scrisse un libro.
È il momento di riaprirlo. “Le mafie clonano il loro modello dalle classi dirigenti del Paese. Ambiscono a ottenere un riconoscimento pubblico del loro potere. Non gli basta la virtù del crimine, hanno bisogno della considerazione sociale. La processione è lo strumento perfetto col quale la cattedra suprema e spirituale che tutti unisce compie l’atto di riconoscimento. Quarant’anni fa a Riesi, in provincia di Palermo, nel corso di una processione il boss Di Cristina passò il testimone a suo figlio con un bacio sotto lo sguardo misericordioso della Madonna.
L’ambizione dei mafiosi è nota. La scelta della Chiesa così profondamente immorale, così lontana dall’insegnamento cristiano e dai suoi tanti testimoni ‘buoni’, è incomprensibile”.
La Chiesa ha sempre riconosciuto i poteri costituiti. La Chiesa riconobbe il fascismo, in Sudamerica ha fatto altrettanto con le dittature costruendo il paradosso di una religione antiviolenta che legittima la violenza. Ma la mafia è ancora l’anti Stato?
No, scrivo nel mio ultimo libro (Storia dell’Italia mafiosa, Rubbettino ndr) le ragioni che hanno portato le mafie al successo. La prima è di aver sempre dato una mano al potere politico. Nel corso di questi due secoli offrono sostegno a Garibaldi, poi ai liberali, quindi al fascismo, dunque alla Dc. Intendo voti, opzioni, appoggi taciuti o anche resi espliciti. E lo Stato si è servito della sua violenza.
Oggi la mafia con chi sta?
Oggi la mafia sta dentro il mercato della domanda e dell’offerta. È uno dei motori dell’economia nazionale. Offre agli imprenditori del Nord avanzato i suoi servizi e a un costo più basso della concorrenza. L’imprenditore non giudica, compra al miglior prezzo. E se quel cemento, quel ferro, quel legname, quella stanza d’albergo garantiscono gli standard richiesti nulla quaestio. Si fitta quella stanza, si compra quel cemento.
Le virtù del capitalismo e del potere coadiuvante.
È un potere collaborativo, perfino cooperante. Anno 1954, il primo presidente della Corte d’appello di Roma Giuseppe Lo Schiavo commemora con queste parole la morte del boss Calogero Vizzini: “È morto il capo della mafia, si dice che sia contro lo Stato. Invece la mafia è rispettosa in alcuni momenti dello Stato”.
La mafia è dentro la nostra vita.
Sa quanti ergastoli sono stati comminati ai mafiosi tra il 1861 e il 1981? In tutto dieci. Sa quanti sindacalisti solo nel secondo dopoguerra sono stati uccisi? Cinquanta. Il primo consiglio comunale sciolto per ‘ndrangheta risale al 1869 e fu Reggio Calabria. La politica, se avesse voluto combatterla e tacitarla avrebbe fatto in Sicilia le riforme, prima di tutto quella agraria. Invece ha lasciato che crescesse la cultura mafiosa e ‘ndranghetista, ha delegato i picciotti quando s’è trattato di far fuori i sindacalisti comunisti.
Ora tutta l’attenzione è al terrorismo, la mafia brinderà.
Esattamente. Successe tra gli Anni Settanta e Ottanta, quando le forze di polizia erano occupate a combattere il terrorismo nostrano. Quel ventennio coincise con l’enorme espansione della malavita organizzata. Qualche tempo dopo, Falcone e Borsellino avrebbero stimato la capacità militare e la pervasività del sistema, la grande rete di relazioni.
Sono dei grandi pierre questi mafiosi…
La storia d’Italia è spesso ingiustamente gambizzata nei libri. Tra i suoi protagonisti non si citano, chissà perché poi, personalità come Riina, Provenzano, Cutolo. Hanno dato un contributo non modesto a costruire questo nostro Paese.
Sono violenti, sono devoti ma non sono gaudenti.
La mafia siciliana è dentro la tradizione contadina, più arcaica, nascosta alla vista e ai lussi. Infatti uno dei suoi comandamenti (Non importunare le donne altrui) è mutuato da quello cristiano. La camorra ha tradizione urbana, gangsteristica, ed è più vistosa. Infatti le mogli dei boss stipendiano anche le amanti dei mariti. L’obiettivo è allargare la famiglia.
I camorristi hanno anche una loro playlist musicale.
Nel solco della tradizione messicana dei narcocorridos la camorra produce melodie riprendendo e rivisitando i canti della malavita.
I cantanti neomelodici sono nella hit parade.
Sì. I loro testi inneggiano al lifestyle camorristico. Omaggiano i cattivi, basta ascoltarli.
E hanno successo.
Altro che!
Da: Il Fatto Quotidiano, 5 dicembre 2015