Antonio Ingroia era magistrato, ora è avvocato. Era l’accusatore infallibile. Oggi invece difende gli altri, a volte anche se stesso dai giudici. Era un leader, un candidato alla conquista dell’Italia, ora è un semplice milite di un’Azione civile che guadagna faticosamente il pane nelle cantine della politica. Era single, oggi ha una compagna ed è felice. Ieri Ingroia occupava i giornali, oggi i giornali non si occupano di lui.
Come nota, avvocato Ingroia, cambiando posizione il mondo sembra diverso.
La mia è una seconda vita nella quale metto a frutto gli errori della prima e anche i sacrifici, l’orgoglio, le vittorie che l’hanno segnata.
Ma il mondo che a lei ora sembra diverso è lo stesso di ieri. Oggi però incattivito e perfido nei suoi confronti, ieri osannante e piegato.
Era degno di un magistrato libero cercare la verità intorno a un fatto clamoroso, inimmaginabile: la trattativa Stato-mafia. Capisco oggi meglio di ieri che l’eccesso di attenzione mediatica alla fine ti storpia la vita. Senza volerlo vieni trascinato a trasformarti in oggetto invece che resistere come soggetto, a rischiare di essere dominato dalla scena invece che dominarla.
Sente che Narciso si impossessò di lei?
Essere un personaggio aumenta l’autostima. Fa piacere, è anche umano. Però poi, quando cala il sipario, hai da fare due conti con la vita.
Facciamoli i conti.
Oggi sono avvocato e noto quel che ieri non vedevo. Noto che il grande corpo della giustizia è ammalato. Dietro figure nobili come Di Matteo o Caselli o, per andare indietro nel tempo, Falcone e Borsellino (e parlo di colleghi che sono a me più vicini) sono germogliati parecchi, troppi ideologi dell’opportunismo. Dietro magistrati che hanno pagato con la vita si sono nascosti e si nascondono corpi inermi, a volte collusi, a volte compartecipi di una notorietà e di un potere che produce per loro utili ingiustificati.
Col senno del poi trova la nebbia nel cielo limpido della giustizia, la viltà e non il coraggio tra le toghe, il conformismo e non il rigore.
Col senno del poi, sì. Ma torni anche lei indietro nel tempo e noterà che anche la sua categoria non si è distinta per aver provato a selezionare, distinguere, vedere l’uno ma anche il suo opposto.
Convengo con lei.
Li inquadro come effetti collaterali del berlusconismo. L’opinione pubblica più avanzata si opponeva duramente a un quadro politico e civile che trasformava i cittadini in c l i en t e s . Era così forte la volontà di resistere a quello che io chiamo massacro dei giudici colpevoli di impegnare ogni forza al servizio della legge che tutta l’attenzione e la partecipazione veniva risucchiata da quello scontro. Nient’altro si vedeva che quello.
Il berlusconismo oggi ha molti figli legittimi. Lei si è opposto da magistrato e da politico. Forse ha perso due volte.
Da magistrato credo di aver fatto ogni mio dovere. Non mi sento sconfitto. Da politico invece sì: non ce l’ho fatta a incanalare quel consenso che pure esisteva. Ho preso atto. Non mi candiderò mai più. Però posso agevolare un cammino comune per dare un senso a quella battaglia. Azione civile è una comunità che oggi battezza i suoi organi. Vogliamo contribuire a battaglie che sentiamo giuste, aderire ai comitati per la riforma della Costituzione, soprattutto lanciare la nostra proposta: ampliare i confini della legge La Torre (confisca dei beni ai mafiosi) alla platea dei politici corrotti, dei cittadini che svolgono infedelmente la funzione di servitori pubblici. Raccoglieremo le firme, troveremo un modo per agevolare una presa di coscienza di massa.
Oggi lei ha trovato una nuova compagna. È felice e si vede.
Sono felice, sì.
La sua compagna è Giselle Oberti, imprenditrice di origini argentine, un volto noto ai teleschermi Rai, specialmente durante i programmi del mattino. È stata coinvolta in una vicenda giudiziaria che portò anche a degli arresti al ministero delle Politiche agricole.
E allora?
I giornali ripresero alcuni avvertimenti attribuiti alla voce della sua compagna: “Ora mi incazzo, sono capace di andare a parlare direttamente con Berlusconi…”. Il tema era un finanziamento bloccato da un funzionario troppo ligio. Le crea imbarazzo il ricordo? Il nome di Berlusconi ritorna persino nella sua vita privata.
Giselle l’ho conosciuta a una manifestazione del mio movimento e se il suo nome è purtroppo stato tirato in ballo è grazie a certe indagini. Ecco, siamo al punto da dove abbiamo iniziato: si offrono scalpi all’opinione pubblica, vittime sacrificali in ragione di una approssimazione colpevole, ingiustificabile. Ieri non vedevo, oggi invece sì.
Da: Il Fatto Quotidiano, 27 novembre 2015