Il luogo comune è la forma primitiva della diceria. Nell’uso intensivo da talk show si trasforma in tesi assoluta, pensiero dominante ma indimostrato. Gianfranco Viesti tenta in solitario una battaglia contro i sillogismi banali, i tic linguistici da terza elementare, la fesseria grandiosa resa teorema profondo. È una battaglia persa perché Viesti, che insegna economia a Bari, documenta come i soldi mandati al Sud arricchiscano il Nord e non viceversa. Come l’assistenzialismo sia una specialità ligure, la mungitura della mucca statale una condizione permanente del laborioso popolo altoatesino.
Professore, inizio io con la prima parola magica. La locomotiva. Il Nord è la locomotiva d’Italia.
Bufala al cubo. Per locomotiva s’intende un paese che produce e un altro che arranca. Uno che tira e un altro che viene tirato. Il Nord che lavora e il Sud che si perde nell’assistenzialismo. Se gli investimenti si catalizzano al Nord, solo quella fetta di territorio godrà del benessere.
E perché?
Perché il Nord è una regione da un punto di vista economico largamente autosufficiente. Se costruisco un ponte al nord lì troverò le materie prime, lì la grande ditta appaltatrice, lì la forza lavoro. Per ogni 100 euro spesi al Nord meno di 5 arrivano al Sud. Al contrario ogni 100 euro di investimenti nel Mezzogiorno producono vantaggi finanziari per il Settentrione pari a 40 euro. È banale sottolinearlo: un’economia debole ha bisogno del know how del dirimpettaio più forte.
Il Nord si fa ricco anche con i soldi spesi al Sud.
Altro che! Per guardare fuori dall’Italia: i guai della Germania sono iniziati quando la Spagna ha smesso di crescere. Lo sviluppo spagnolo era benzina nel motore industriale tedesco. La crescita dei Paesi emergenti aiuta essenzialmente l’economia dei Paesi forti. È la tesi su cui si fonda l’Unione europea: la crescita dell’uno agevola la crescita dell’altro. Il debole che conquista posizione non erode la forza di chi sta più in alto in classifica.
Il Sud è assistito. Il Nord produce.
Vediamo un po’. Le grandi direttrici della spesa pubblica sono sanità, scuola e welfare. Con le prime due voci il Sud eguaglia il Nord in termini di trasferimenti. Essi però alimentano i consumi meridionali che sostengono l’industria del Nord. Sono soldi che dunque risalgono su. Ma la terza voce è indiscutibilmente un affare settentrionale. In Italia il welfare si sviluppa essenzialmente nel sistema pensionistico e nel sostegno alla disoccupazione temporanea. Nel primo e nel secondo caso i benefici maggiori li ottiene la porzione dell’Italia che vanta più lavoratori, siano essi del settore privato o pubblico. E dunque l’assistenza, il welfare, è un affare del Nord più che del Sud. Le pensioni, i sussidi, quei pochi che esistono, sono prevalentemente sopra il Garigliano. Il rapporto percentuale è indiscutibile.
Gli assistiti lombardi, liguri…
Veneti, friulani, valdostani…
Però noi meridionali siamo spreconi e corrotti.
È un tratto che ci penalizza oltre le nostre colpe. Che da noi ci siano ruberie è un fatto incontrovertibile. E queste distruggono la simpatia dell’opinione pubblica più accorta e solidale. Ma che il Sud rubi al Nord è un falso.
La nostra reputazione è pari a zero.
Infatti la rappresentanza meridionale in Parlamento è pari a zero. Se esiste è squalificata. Personaggi di secondo e terzo livello, di dubbia moralità.
Nell’ultimo ventennio l’Italia ha mandato a palazzo Chigi due milanesi, un bolognese, un pisano e un fiorentieno.
Segno non contiamo un’acca e non produciamo un pensiero non dico dominante ma culturalmnte inequivoco che significativo, minimamente degno.
Il Sud semplicemente non esiste più.
E infatti il governo lascia che questa terra vada alla deriva. I giornali se ne ricordano soltanto quando i centri di ricerca, ora è il turno dello Svimez, raccontano di come siamo inguaiati. Il Parlamento non sa che il Sud è lo specchio dell’Italia. Se il Sud è morente, l’Italia è morente…
Non esistiamo in tv, non abbiamo parole per dirlo.
La grande stampa ignora completamente questo tema, il Parlamento è sinonimo di ornamento, l’esecutivo non è capace di cogliere il senso di questa disgrazia. Completamente disinteressato.
Forse è stata colpa nostra.
Hai voglia, certo che sì. Colpa anche di una pubblicistica che ha bisogno di esempi brevi e infuocati, di parole pirotecniche e soluzioni fintamente definitive. La propaganda leghista in questo senso ha fatto scuola.
Ma noi meridionali siamo un po’ troppo spreconi.
Non c’è dubbio. Con una struttura civile così indebolita dalla scomparsa della politica, la mediazione, la negoziazione di coloro che amministrano si sviluppa nel residuo dell’assistenza pubblica, ma sono briciole, e nel clientelismo.
Ma abbiamo anche detto che per 100 euro che si danno al Sud…
Quaranta se li mangia il nord.
Spreco incluso.
E che dubbio c’è?
Da Il Fatto Quotidiano, 1° agosto 2015