Il sintomo dell’anomalia italiana consiste nella “tentazione di agganciare ogni tentativo di ribaltamento degli equilibri politici a qualche iniziativa della magistratura”. Nel cuore della terza esternazione in meno di sette giorni il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi chiede al potere romano di lasciarlo in pace. È la terza volta che deve smentire e per la terza volta (ma questa affrontata in una intervista al Corriere) dichiara di non saperne nulla. Di più: le parole dette da Matteo Tutino a Rosario Crocetta (“Lucia Borsellino va fermata, fatta fuori. Come suo padre”) avrebbero assunto la forma di prova regina a carico di Tutino sul quale la procura indaga. Non esiste quella frase. Lo dice Lo Voi, lo dicono i suoi colleghi di Catania, di Messina e – riferisce l’Ansa – di Caltanissetta. Crocetta e Tutino hanno mai parlato della Borsellino? Bisogna riavvolgere il nastro di ciò che è capitato tra il 16 e il 17 luglio per illustrare una vicenda giudiziaria che – stando ai fatti finora conosciuti – tra scolora nel giallo d’estate con cromature da spy story.
16 luglio ore 11.17
L’Ansa batte l’anticipazione de L’Espresso. Una frase, meno di un rigo: “Lucia Borsellino va fermata, fatta fuori. Come suo padre”. La Borsellino si è dimessa accusando la politica, e in primis il presidente Crocetta, di non aver difeso e tutelato il suo piano di moralizzazione.
Ore 11,23
Parla Crocetta: “Non ho sentito la frase su Lucia, forse c’era una zona d’ombra, non so spiegarlo. Tant’è che io non replico. Ora mi sento male”. Crocetta rende plausibile la conversazione e persino il suo tenore. La propria estraneità la prova imputando il fatto a zone d’ombra.
Ore 12,34
Lucia Borsellino è certa: “Non posso che sentirmi intimamente offesa e provare vergogna per loro”. Ore 13.19
Matteo Renzi telefona alla Borsellino e l’abbraccia. È la prima telefonata della giornata, il primo pensiero di Renzi. Mattina presto, dunque. Un passo indietro L’Espresso ha scelto – spesso succede – per la copertina di privilegiare un ritratto di Wolfgang Schaeuble. La notizia dell’intercettazione è a pagina 30 e il titolo è: “Mettiamoci una Crocetta sopra”. La firma è di Pietro Messina, un collaboratore palermitano di lunga data. L’articolo si apre con la frase intercettata ma non aggiunge dettagli. Fa rilevare che l’intercettazione “imbarazza” il governatore. Crocetta è imbarazzato perché sa? Il deputato regionale Pippo Digiacomo dichiarerà l’indomani: “Sono mesi che gira la notizia di un’ intercettazione imbarazzante. L’hanno fatto sapere a me, a Borsellino, a Crocetta, ad altri. Ne ho parlato col presidente una settimana prima della pubblicazione”. Anche il Fatto Quotidiano sapeva che correva questa voce e il 10 luglio, intervistando Crocetta, gli aveva domandato se avesse mai parlato con Tutino di Lucia Borsellino. “Mai” fu la risposta.
Ore 15.55
È il presidente della Repubblica a prendere posizione. La sua prudenza è proverbiale, e il suo gesto – la telefonata di solidarietà fatta al mattino a Lucia Borsellino – dirada ogni possibile dubbio. Mattarella è anche presidente del Csm e certo non è ipotizzabile che la presa di posizione sia avvenuta senza aver verificato con le fonti più qualificate la veridicità di quella che è allo stato una in discrezione giornalistica.
Ore 15.57
Il presidente del Senato Pietro Grasso commenta: “Su Lucia Borsellino parole schifos e”. Grasso è stato procuratore nazionale antimafia. Palermitano e magistrato. Le “parole schifose” esistono.
Ore 16.39
Il legale di Tutino dichiara che il suo assistito non ha mai pronunciato quella frase
Ore 17.20
“Agli atti dell’ufficio non risulta trascritta nessuna telefonata del tenore di quella pubblicata dalla stampa tra il governatore Crocetta e il dottor Tutino”. Dopo 5 ore dalla divulgazione della notizia il procuratore della Repubblica di Palermo smentisce. È evidente che quella smentita non sia stata richiesta o non sia giunta al Quirinale.
Ore 17.32
Il procuratore Lo Voi assicura che sono state “già ricontrollate tutte le telefonate”. Essendo numerose è presumibile che per il riascolto siano state necessarie alcune ore, non i minuti che separano la smentita dalle dichiarazioni delle più alte cariche dello Stato.
17 luglio ore 10.30
Il direttore de L’Espresso conferma che il dialogo esiste “ma non fa parte degli atti pubblici”. Spiega che il giornale non è in possesso dell’audio ma “il nostro cronista l’ha ascoltato. Poi ha potuto ricopiare la trascrizione”. Aggiunge: “La conversazione fa parte dei fascicoli secretati di uno dei tre filoni di indagine sull’ospedale Villa Sofia di Palermo. Stiamo parlando di oltre 10mila pagine”.
Ore 12.39
Di nuovo il procuratore di Palermo: “Ribadisco che l’intercettazione non è agli atti di alcun procedimento di questo ufficio e neanche tra quelle registrate dai Nas”.
Da Il Fatto Quotidiano, 23 luglio 2015