“Penso a tutto io” Matteo, il bulletto del twitterino

LUI PREVEDE, PROVVEDE, SPESSO TRACIMA. SPINGE LA BATTUTA OLTRE L’OSTACOLO, LA PROMESSA OLTRE LA REALTÀ
Li fregherò tutti, uno a uno, su questo non c’è dubbio”. Ogni promessa è debito, e Matteo, modestamente, non si tira indietro. È cambiato il mondo, l’Italia lo ama e lui lo sapeva già: “Dopo di me c’è solo il mago Otelma”, profetizzò all’inizio della traversata, quand’era ancora sul ciglio fiorentino.
Matteo prevede, a volte provvede, ma più spesso tracima. È una oscura forza che gli impone, nel cuore di un pensiero espresso a voce alta, di esorbitare e spingere la battuta da bullo oltre l’ostacolo o anche la promessa oltre la realtà. Per esempio: “Io sono per dire eliminiamo tutto il ceto politico delle provincie, facevo il presidente della provincia non mi sono ricandidato apposta perché ho detto che per me le provincie andavano abolite. Tacchino che chiede l’anticipo del Natale”. Così è stato. Infatti oggi le provincie sulla carta non ci sono più. È restato a galla solo il ceto politico. Non è meraviglioso?
“Marchionne? Se fa buone auto non ci offendiamo”
Tacchino furbissimo oppure battutista à la carte. Quando il nemico era Berlusconi: “Cambia idea ogni tre giorni, non lo seguiamo più. È una soap opera tra Beautiful e Sentieri… Invece di star dietro alle sue paturnie non potremmo parlare di Italia e degli italiani?”. C’era da incornare Sergio Marchionne? Chi meglio di Renzi: “Se Marchionne ogni tanto fa una macchina buona non ci offendiamo”. È maledettamente vero: l’unico che può mettere al tappeto Renzi è sé medesimo. Perché la sua narrativa è così prolifica che produce un grandioso museo della parola. Il suo è verbo transgenico e multicolor, gode della qualità dell’ambivalenza. È reverse.
Matteo è l’uno e il suo opposto e avanza secondo i criteri della semina del grano. Se è luna crescente sostiene una cosa. Se è calante riesce ad affermare l’esatto contrario con la medesima esuberanza e spontaneità. Ma è questione che attiene alla psicopatologia della politica.
Vade retro ditta. Sì, ma quale ditta?
“Sono quelli che iniziano con la B che hanno paura di confrontarsi”. Con chi ce l’aveva? Penserete Berlusconi. Sbagliato, troppo semplice. È Pier Luigi Bersani, che ha imposto al Pd di cambiare lo statuto ad personam per far gareggiare e vincere Renzi, il nemico giurato. Con B. ci fa le riforme. Con Pier Luigi nemmeno una birra insieme. “Se avessimo pensato meno a smacchiare il giaguaro ma ad occuparci più dei giovani e del lavoro, ora al governo ci saremmo noi, senza Brunetta o Alfano”. Ecco, qui è l’unico momento in cui Matteo difetta di personalità e mostra poca considerazione di se stesso. Lui è al governo insieme ad Alfano e con un Brunetta di scorta. E diciamoci la verità: nessuno dei due sembra allarmato e men che mai il premier che aveva altre idee in testa ma poi se le è fatte passare. Era straconvinto che Berlusconi fosse un nemico. “Gli conviene restare al governo perché sa che se andiamo al voto asfalteremo il Pdl”. Miracolo! Silvio sta dimostrando di essere un gran bel riservista governativo, lo sostiene con dignità e quel tanto di riservatezza che non guasta. I suoi voti sono lì, e quando servono lui li sgancia. Dà una mano a Renzi, visto che Renzi dà una mano all’Italia.
La scomparsa dell’inciucio e il carro del vincitore Si chiamava inciucio, ma oggi non si dice più, non si porta più. “Se c’è qualcuno abituato a salire sul carro per convenienza sappia che noi siamo abituati a farli scendere”. Qui la narrativa renziana era dettata dalla luna crescente, e le parole e le promesse si espandevano come le nubi d’autunno. Poi però con la luna calante è giunto il patto del Nazareno. Molto meglio di quello della crostata, diciamoci la verità: “Se vinco io non è che finisce il centro sinistra, al massimo finisce la carriera parlamentare di D’Alema”. Obiettivo raggiunto.
Il premier non si trastulla con le vittorie che anzi gli fanno ritrovare quell’animo un po’ fanciullesco e bullesco che interrompe ogni rilassatezza di pensiero. Il bullo che è in lui (luna crescente) si mostra e tracima: “Sia chiara una cosa: io non tramo ma non tremo. E visto che di qualunque cosa parlo mi sparano addosso, allora chiedo: se vogliono farmi la guerra me lo dicano. Così mi regolo”. 

Marini, i dispetti per l’Italia e Rosi Bindi
Lo diceva ieri, quando era in minoranza. Ma lo può dire anche oggi che è presidente-segretario. “Marini è un dispetto per l’Italia”. Oppure: “Nello zoo del Pd ci sono già troppi tacchini sui tetti e troppi giaguari da smacchiare per permettersi gli sciacalli del giorno dopo”. O anche: “Sono cascati male, ho presi questi voti per cambiare l’Italia davvero”. E infine: “Sto zitto e non faccio polemiche. Ma non mi si chieda di venire a Roma per fare riunioni con Rosi Bindi: non fa per me”. Ecco Matteo, tweetpensatore, guerrigliero della parola: “Il mio incubo è la logica dell’inciucio”. Tutto risolto. B. lo ama quasi, e Verdini si sta dimostrando un fior di consigliere e alleato. L’Italicum sarà la nuova legge elettorale e con rinnovati listini bloccati. Finalmente Gianni Cuperlo potrà legittimamente chiedere la parola. Di lui Matteo appena qualche mese fa disse: “Come fa a parlare chi è stato nominato nel listino bloccato?”.
da: Il Fatto Quotidiano 7 ottobre 2014

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