Parate parallele, Matteo il pedone e Silvio il pavone

IL 2 GIUGNO SECONDO I DUE PREMIER. RENZI LASCIA L’ALTARE DELLA PATRIA PER UN BAGNO DI FOLLA A FAVORE DI TELECAMERE. BERLUSCONI E IL SORRISONE ALLA CROCEROSSINA, SOSIA DELLA LARIO
La parata Renzi si è svolta il 2 giugno, il giorno giusto, senza mezzi meccanizzati e con ridotte attività di intelligence. Molto più impressionante il seguito di pistole e auricolari che Silvio Berlusconi subiva come cinta necessaria alla difesa del suo corpo sacro, come sempre capitava quando la Repubblica lo festeggiava. Perchè è certo che come ai tempi di re Silvio anche il nostro caro super leader abbia voluto trasferire a sé stesso i festeggiamenti organizzati per la nascita della Repubblica. Festa, e qui si scrive tra parentesi, molto sobria, costata soltanto un milione e ottocentomila grazie a un appalto chiavi in mano che l’Italia intera ha affidato a una Spa. Nel tutto compreso anche una nutrita pattuglia di metronotte che ha sorvegliato i Fori imperiale e difeso da attacchi di terra le forze armate. Al ministero della Difesa hanno infatti spiegato che la legge vieta inderogabilmente ai militari di tutelare la sicurezza nelle aree civili. O c’è la guerra o niente.


I METRONOTTE c’erano anche con Berlusconi, e questa è una seconda comune visione del pragmatismo di governo. La terza? Sul palco c’erano ieri come oggi sia La Russa che Gasparri, il duo di destra del Parlamento. E qui finiscono le assonanze e iniziano le differenze. Renzi assai più mobile è uscito a piedi da palazzo Chigi (i tg Rai hanno riferito il dettaglio rivoluzionario in ogni edizione) ma perfettamente vestito da premier: giacca, camicia e cravatta.
Nel passo veloce verso piazza Venezia ha intercettato una famiglia con carrozzina (salutata), una motociclista interdetta (salutata con sorrisone), cinque turisti americani al bar (where are you from?) a cui ha presentato Pietro Grasso (He is the president). Ha fatto il cinque sette volte, ha abbracciato una elettrice emozionata (ti vogliamo bene Matteo!), e poi, quando è salito sul palchetto presidenziale, ha iniziato a messaggiare amici e forse ministri.
Silvio invece non si curava della passeggiata. Usciva blindato da palazzo Grazioli e sbucava tra l’uguale entusiasmo dei cittadini festanti. Nel 2009 ebbe un accidenti al collo che lo costrinse a raggiungere la poltrona con quindici minuti di ritardo. Lo salutarono fanti e corazzieri, ma la noia vinse. Si appisolò e fu fotografato così. Si risvegliò al passaggio dei bersaglieri (alcuni dicono invece che il merito fu del passo marziale dei marò), che letteralmente lo fecero sobbalzare. Un balzo che l’anno successivo fu evidente e neanche troppo sorprendente. Berlusconi sgranò gli occhi alla vista di Barbara Lamuraglia, crocerossina in parata. Silvio sviluppò un efferato sorrisone da mandrillo, gli piacquero così tanto le tette della crocerossina da disegnarle con le mani e illustrare con una seconda seducente smorfia brianzola la beltà femminile e dunque la profonda sintonia di Forza Italia con la Croce rossa. Ne nacque un caso ma v’è da dire che la signora attenzionata gestì con profiomna professionalità l’occhiata del premier. Il suo seno ebbe molta risonanza, e le misure furono definite giuste per un set fotografico.
DA FERMO Berlusconi aveva festeggiato, e la Repubblica con lui. Infatti quando terminò la rassegna militare, con un Napolitano letteralmente sfinito, Silvio si fiondò in strada a raccogliere baci e abbracci, strette di mano e anche, purtroppo, un imprevisto vaffanculo, senza perdere di vista l’auto presidenziale.
Anche lo scorso due giugno, mentre il presidente della Repubblica risaliva sulla Flaminia di Stato, Renzi ha deciso di far ritorno in strada e di imprimere alla festa una svolta: a piedi il ritorno. Esattamente come l’andata. Qui c’è tutto Matteo: sobrietà, giovinezza, connessione sentimentale col popolo. Ha infatti tolto la cravatta e si è mostrato fiero: dammi il cinque ha ridetto a un bimbo. Ha sbagliato a valutare l’età: l’infante non ha compreso subito il gagliardo saluto, ma il premier l’ha convinto a spalmare la manina sulla sua. Un’emozione fortissima che non capitava da anni. I militi al seguito faticosamente riuscivano a tenerlo sotto controllo. Non come Berlusconi che era sempre impacchettato nell’auto blu. C’è stato un attimo in cui Renzi ha allargato le braccia affinché un neonato non fosse travolto dalla sua scorta e dal nugolo di telecamere al seguito. Anche qui i segni del nuovo tempo. Matteo non cammina, avanza. Non stringe mani, le strappa dal corpo altrui. Non bacia, è baciato. Non ritrae. E’ ritratto. Non ha mancato un selfie neanche quando la temperatura sfiorava i trenta gradi. E non ha voluto interrompere l’emozionante comunione con la folla acclamante neanche quando, madido di sudore, rientrato a palazzo Chigi ha cercato una candida maglietta bianca per riposizionarsi alla finestra.
Uno e trino. Come quello lassù e molto meglio di Silvio.
da: Il Fatto Quotidiano 4 giugno 2014

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