Non sono stati centouno, come a maggio scorso. Solo sessanta questa volta. “Ci hanno tradito, hanno violato i patti!”. L’omicidio nell’urna il Pd lo compie dopo lunghi giuramenti di fedeltà alle proprie donne. Come quelle vedove che s’accorgono di mariti recidivi, Sandra Zampa lancia l’urlo disperato. “Tradite!”. Di nuovo e ancora. La commedia si fa tragedia, e nel colore che oggi le distingue, questo bianco candido, fanciullesco, rassicurante, le deputate avanzano a Renzi il guanto della sfida. È lui ad aver condotto il gioco, è lui ad aver provocato questa grande frittata. Sono i suoi deputati maschi ad aver affossato l’emendamento che rischiava di mettere in pericolo l’intesa con Berlusconi. Sapeva di dolce la giornata, zuccherina la promessa di stringersi tutti intorno all’impegno di garantire l’esatto numero di candidature agli uomini come alle donne. Essendo liste bloccate, l’esatto numero delle cooptazioni. Per ogni maschio chiamato al soglio parlamentare, una femmina convocata per compensare. Nata così l’idea della parità è parsa ad alcune una stupidata: “Chi ha passione per la politica non ha alcun timore. Lo spazio se lo conquista e lo ottiene, qualunque sia il sesso”, diceva Giorgia Meloni. Le più però erano di diverso avviso. E allora si sono accordate anzitutto su come vestirsi.
LA PRESCRIZIONE del colore, un bianco molto confidenziale e ipotonico, sembra sia stato il frutto di una valutazione del contest politico. In età renziana il rosso è abolito e il nero sa di antico. “Il bianco tutto include”, ha detto Laura alle colleghe. “Mi hai convinta”, le ha risposto con un tweet solidale Alessandra Moretti. Le donne giovani, molto digitalizzate, hanno completato l’hashtag parità di genere condividendo il risvolto cromatico. Sono rimaste indietro le colleghe in età matura. La Binetti, per esempio, è giunta sguarnita del segno visivo. “Però mi sono fatta prestare una sciarpa. Quando c’è una battaglia non mi tiro indietro”. Anche la Boldrini ha condotto la sciarpa al collo. E pure Rosy Bindi: “Se non passa questo emendamento io non voto la legge elettorale”. È bene dire che la grande avanzata del bianco ha espresso da subito parecchi vuoti, distinguo cromatici notevoli. Sull’identità bianca è mancata quella speciale connessione elettiva. Questione di status e chiari conflitti di interessi hanno suggerito a Maria Elena Boschi, la ministra plenipotenziaria, di insistere nel suo blu elettrizzante. Vivace, audace e non privo di una sua intima vis polemica. “Il bianco rende il mio corpo un pallone”, si è giustificata Marianna Madia. La gravidanza la obbligava al nero. Un modo per dissentire senza enfatizzare, incidere la differenza ma non maramaldeggiare. C’era puzzo di bruciato e si sentiva. Berlusconi non ne vuole sapere e basta. Di questo bianco non gliene frega niente. Per rendere evidente la dissociazione Daniela Santanchè ha indossato un fucsia oltranzista e poi nello sfottò: “Il bianco ingrassa”. Nel mezzo, sulla frontiera di un grigio compensativo, quelle che aderivano alla lotta con poco entusiasmo. La sarda Caterina Pes ha espresso con la camicetta la solidarietà, rinchiudendola però in un tailleur nero: “La questione è importante, ma dentro una cornice assolutamente più rilevante”. Dalle parti di Grillo invece un arcobaleno di disubbidienza. Anche questa volta, se solo avessero fatto bene i conti, avrebbero potuto capovolgere il risultato dell’aula. “Siamo pronti a votare sì se loro si spaccano”. Hanno invece optato per il no. Come sempre.
da: Il Fatto Quotidiano 11 marzo 2014