DOPO LE NEVICATE, TEMPERATURE FINO A -50. LA STAMPA INGIGANTISCE IL MALTEMPO, MA (QUASI) TUTTO FUNZIONA
Mentre mi dirigo verso Spring Street a Soho, il quartiere meridionale di Manhattan, un amico di Udine chiama: è il caos? Ho appena fatto colazione da Starbucks e tutto sembra uguale a ieri. Fa freddissimo come ieri e prendo posto al solito tavolo, il solito muffin al cioccolato, il caffè americano. C’è la neve è vero, ma sono centimetri che rendono possibile sia passeggiare che guidare. Fare compere, entrare nei musei, prendere la metro. Funziona tutto e gli spalaneve non perdono un angolo. È sabato, e dovrebbe essere il giorno della quiete dopo la tempesta. Ieri però ha fatto freddo come oggi, e anche l’altro giorno non è stato male. Ma anche l’anno scorso. E due anni fa i newyorchesi ricordano la Mela imbiancata. Questa volta è diverso dal solito, così decreta la tv. Questa volta non è una nevicata ma una tempesta. Hercules Storm. Se esci per strada questa volta puoi rimanere secco, e se guidi puoi trovarti piallato dalle lamiere. Questa volta Hercules non perdona comunicano i siti meteo: soffiano venti che ci spingeranno fin sulle nuvole, e fiocchi di neve che saranno grandi quanto medaglioni di vitello. Anzi, a dirla tutta: la neve non farà in tempo a posarsi che gelerà, si trasformerà in ghiaccio durante il tragitto discendente. Non aprite l’ombrello, aprite il cervello: state in casa e accendete la tv. Seguite le previsioni meteo e pregate.
PASSANO LE ORE e l’afflusso dei messaggi di solidarietà d’oltreoceano raggiungono picchi inarrivabili: mi sento accerchiato dagli sms. Il flusso catastrofico degli allarmi confisca ogni speranza alla verità e io sono chiamato a rendermi conto della realtà, ad avere finalmente paura e fuggire, ammesso che ci riesca. Un amico consiglia: vai a letto e rimanici. Rimango rinchiuso nella bolla d’ansia, nell’artificio mediatico di rendere una nevicata una maledizione, il ghiaccio per terra un effetto della catastrofe primordiale, il freddo intenso come l’irreparabile segno della disfatta definitiva. Certo, molti voli sono stati cancellati. Ma quante volte la nebbia ha chiuso Malpensa e Linate? New York caduta, esausta, città sepolta, sepolcro della modernità imbiancato e immobile. Non funzionava dire Maine, non faceva lo stesso effetto illustrare il gelo di Boston, non procurava il trauma necessario la ventata ghiacciata che si è abbattuta sul nord est degli Stati Uniti. L’apocalisse ha bisogno delle sue vittime ma anche dei suoi eroi. E di una location perfetta. Meglio di New York, la grande Mela, il motore del mondo che s’inceppa e quasi si liquefa? Nessun’altra città al mondo avrebbe procurato un effetto ansiogeno a così largo raggio. E chi meglio di Bill de Blasio, il sindaco progressista appena insediato alla City Hall, che è pure un nostro beniamino e compatriota (ciao paisà), che ama Sant’Agata dei Goti, provincia di Benevento, e ha un figlio che si chiama Dante. Un sindaco forte, integro, equilibrato. E Bill prende subito il comando delle manovre e immediatamente ordina, dispone, invita, consiglia. Esce di casa a Brooklyn, nel giardino conquista una pala, spazza il mezzo palmo di neve. Lo fotografano, certo. Hai visto mai un sindaco che spala (a parte Alemanno a Roma l’anno scorso, ma quella fu una disfatta vera). Che eroe Bill! L’EFFETTO OTTICO È straordinario. È stato deciso che c’è lo storm, la grande tempesta, e non c’è ragione che tenga, non c’è logica, non c’è speranza. La realtà deve adeguarsi alle notizie lanciate dai canali all news americani e ripresi dalle agenzie di tutto il mondo. Capolavoro di giornalismo. I parenti dall’Italia invocano la misericordia, gli amici raccomandano prudenza. Sono preoccupati, diamine. Mai New York è stata così! Mai una tempesta simile. Già dieci morti, anzi dodici, anzi sedici. Leggo e approfondisco: un bimbo è morto in un incidente stradale insieme al padre, una signora malata di Alzheimer ha vagato in pigiama di notte, s’è persa. Poi un operaio ferito sul luogo di lavoro. Stanotte ne moriranno almeno il doppio, e anche domani e dopodomani. E pure in primavera sarà così. C’è una logica manipolatrice del messaggio. Esistono canali televisivi dedicati al meteo e siti web destinati a seguire le nuvole ogni minuto che passa. Chi cliccherebbe se annunciassero freddo a gennaio? E sarebbero eccitati i newyorchesi se comunicassero i gradi sotto lo zero? Lo sanno da loro che Manhattan non è un’isola delle Hawaii. Che a gennaio fa freddo, anzi freddissimo. L’unica a perdere è la verità. E con la verità il giornalismo che gonfia le parole, come quei muscoli dopati, e le deforma, le allarga, ne cambia il senso. Oggi a New York c’è il sole. Domani è invece prevista pioggia, poi gelo. Si attende l’appello delle autorità: aprire gli ombrelli altrimenti è meglio stare a casa.
da: Il Fatto Quotidiano 7 gennaio 2014