Come si può invitare al rispetto per la magistratura e nel contempo raccomandare di proseguire l’alleanza con il partito il cui leader è un pregiudicato? È questa la contraddizione in termini in cui il Presidente della Repubblica fa sprofondare il Partito democratico ingiungendogli di espandere i limiti e la legittimità del potere della rappresentanza politica. Non soltanto l’alleanza di governo deve restare immutabile ma, seguendo le parole del Quirinale, dovrà sviluppare un tracciato di riforma costituzionale, includendo per sovrammercato anche la riforma della giustizia, sulla scia del lavoro preparato dai saggi nominati dal Colle. Come dire che il piatto è bell’e pronto. Basta servirlo a tavola e saziare tutti gli appetiti. È qui che si fa palese il colpo di mano, la forzatura inammissibile al mandato popolare. Ed è su questo punto che il Partito democratico deve interrogarsi. Può proseguire il suo cammino come se nulla fosse accaduto? Può avanzare verso il cambio delle norme costituzionali senza osservare la minima prudenza democratica: in nome di chi? Con quale voto popolare?
GLI ITALIANI hanno dimostrato nelle urne la dimensione del cambiamento richiesto. L’hanno fatto attribuendo al Movimento 5 Stelle un numero di preferenze che nella storia della Repubblica nessuna forza politica è riuscita ad ottenere. A quei voti, la cui maggioranza era inoppugnabilmente a sostegno di un governo del cambiamento, Beppe Grillo non ha dato rappresentanza. Li ha sterilizzati negando l’evidenza della richiesta e la sua ampiezza. Ma se è comprensibile la riluttanza a stilare accordi con chi dichiara di sentirsi tuo nemico, è ampiamente contestabile che l’unico orizzonte possibile sia quello di attendere il default generale. I voti si ricevono per governare non per opporsi. Le firme che questo giornale sta raccogliendo contro ogni manomissione della Costituzione chiedono anzitutto che si allarghi il campo del confronto e del dibattito tra idee naturalmente differenti. Davanti a una crisi morale e politica senza pari, nessuno potrà dichiararsi innocente e sperare di sentirselo riconoscere.
da: Il Fatto Quotidiano, 4 agosto 2013