L’IPOTESI DELLA NOMINA A SENATORE A VITA È VISTA COME UN SIGILLO SULLA STAGIONE DI B.
Le erinni son deste e allarmate. E anche i fucilieri della cinta più vicina ad Arcore pronti a premere il grilletto contro quel che letteralmente è l’uomo del decoro, della tradizione, della fedeltà, dell’equilibrio. Nell’incredibile sottosopra berlusconiano persino la voce plausibile della nomina di Gianni Letta a senatore a vita increspa l’orizzonte e divide i fedelissimi perché, sviluppando un poderoso effetto ottico, l’eventuale chiamata a padre della Patria invece che far sorridere produce lacrime, anziché rasserenare incupisce. Silvio è fuori gioco al punto che Giorgio Napolitano con la nomina di Letta, più che fare gli interessi del Cavaliere, che in questo momento avrebbe bisogno di ben altre parole e telefonate, indirizzerebbe sullo zio dell’attuale premier un falso segno di compensazione e riconoscenza. Sarebbe la prova della trappola. “Gli stanno facendo credere di tutto, che Napolitano farà questo e quello, ma Berlusconi non ha capito che lo stanno accompagnando alla porta per liberarsene una volta per tutte. E in prima fila c’è Alfano che sta preparando il partito di centro con Enrico Letta”. Queste accuse, provenienti da fonti altolocate nel partito, misurano il grado di nevrosi e il possibile big bang a cui Forza Italia, se la vicenda giudiziaria dovesse tramutarsi – come ora appare – in una agonia definitiva del Capo, è destinata. Altro che coltelli! Che al di sotto di ogni sospetto ricada l’uomo con le idee sempre ben pettinate, il principe di palazzo Grazioli, il virtuoso tra tanti descamisados, il fiore all’occhiello e l’amico più intimo di Silvio, è il segno del confuso trapasso di poteri nel partito. Come in un film, ora è Letta l’uomo da tener d’occhio. Possibile? “Io sono intimissimo suo e sarei orgoglioso di una nomina, che è giusta, logica, coerente. La sua personalità sarebbe adeguata al ruolo. Chi più e meglio di Gianni? Certo, sappiamo che Berlusconi avrebbe tutte le caratteristiche per essere naturalmente senatore a vita, ma sappiamo anche che quel ruolo non lo metterebbe al riparo da eventi giudiziari futuri”. Dalle parti di Maurizio Gasparri la pellicola gira ancora nel verso giusto, e la maledizione vera è il temuto pronunciamento della Cassazione, quello di settembre, che con un verdetto finale (l’interdizione dai pubblici uffici) aprirebbe le porte alla catastrofe.
Giunti all’interdizione neanche il Partito democratico, che vive con imbarazzato riserbo il panorama penale in cui è immerso l’ex primo nemico ora alleato, potrebbe volgere lo sguardo altrove. Sentiamo Gianni Cuperlo: “La nostra bibbia è la Costituzione. E non c’è possibilità di negoziare alcunché. Daremmo immediatamente esecuzione a una sentenza della giustizia italiana. Non c’è da fare altro e neanche da immaginare alcunché”.
Ecco l’agitazione, lo stupore e la paura. Ecco che le api operose del partito siano a un passo dal leggere, nella consecutio degli accadimenti, il grande tradimento. Tutto quadra, tutto porta verso il sospetto. Come intendere la nota di Alfano, appena due ore dopo che il tribunale di Milano l’aveva azzannato ai polpacci con sette anni di galera, con cui chiedeva equilibrio, “serenità”, suggeriva prudenza invece che ira? “Lo stanno accompagnando alla porta”. Magari col riguardo che si deve. E quindi, nel tracollo della fede, la massima opera di manipolazione: la nomina di zio Gianni a senatore a vita. Che Letta, amico di tutto un oceano di amici, uomo ubiquo per definizione, nettare di moderazione e virtù democristiana, finisse trasfigurato nel demone, ridotto a pistola fumante, è questione che attiene alla psicopatologia della politica.
da: Il Fatto Quotidiano, 28 giugno 2013