Il Mezzogiorno d’Italia ha subìto più di ogni altro territorio la vergognosa pratica della cosiddetta scheda segnalata. La compressione dei diritti politici e delle libertà civili è stata sistematicamente perpetuata da una prassi odiosa e illegale: la violazione della segretezza del voto. Gli archivi dei tribunali amministrativi e delle procure sono zeppi di storie e di reati di voto di scambio. La turbativa elettorale, il ricatto invincibile del potente sull’umile, ha condizionato la democrazia sfregiandola e intere comunità, grandi e piccole, hanno visto umiliata la loro libertà. Più di ogni altra forza è stata la sinistra a patìre questo sopruso, sono state le forze del progresso e del cambiamento, i movimenti contro la criminalità organizzata, a veder sconfitte con un abuso le loro legittime ambizioni. E’ la triste storia del nostro Paese a recare le stimmate di questa crisi civile e democratica. Osservare che alcune decine di parlamentari, durante l’atto solenne del voto segreto per il presidente della Repubblica, siano ricorsi a segnalare la propria preferenza attraverso un artifizio (uno su tutti e pongo mente solo all’ultima votazione: “Napolitano G.”) per rendere visibile e pubblico ciò che doveva restare libero e segreto fa venire la pelle d’oca. Ho visto il grillino Roberto Fico esporre, come un trofeo di guerra, la sua scheda votata all’aula. Immagino che l’onorevole Fico, nuovo alla politica, negli anni passati abbia avuto altri interessi e non si sia curato di conoscere non dico la storia contemporanea ma neanche la cronaca minuta del suo Paese. Ma cosa dire di Beppe Fioroni (Pd) che ha addirittura fotografato la scheda, come si usa in alcuni comuni mafiosi, esibendo l’immagine come prova a discarico? E, soprattutto, come commentare l’atteggiamento imperdonabile di Sel, il gruppo di Nichi Vendola, che ha organizzato, attraverso il ricorso al mezzuccio del nome siglato, la violazione della norma? Quando la classe dirigente perde ogni rispetto per i suoi doveri si avventura nell’illegalità senza neanche farci caso, senza nemmeno domandarsi: ma cosa diavolo stiamo combinando?