Siamo tutti così presi dalle vicende elettorali, e dai fuochi e dai fumi di Grillo e di Bersani, che abbiamo perso di vista la centralità di uno scandalo politico straordinario: l’acquisto, tramite comode tranche, del governo della Repubblica. L’acquirente, secondo l’accusa della procura di Napoli, è Silvio Berlusconi. Il percettore si chiama Sergio De Gregorio. Quest’ultimo ha confessato, e due giorni fa riconfermato, di aver ottenuto tre milioni di euro allo scopo. L’ha fatto per smentire l’affermazione di Berlusconi di essere stato indotto a millantare la corruzione pur di schivare il carcere. Lo stesso De Gregorio anticipò al Fatto Quotidiano il 16 dicembre scorso la sua intenzione di vuotare il sacco e avvertì, in quella intervista, anche Berlusconi: meglio che non ti candidi.
Chi ha assistito alla caduta del governo Prodi non cova dubbio alcuno: l’odore delle mazzette era nitido. Non c’erano le prove, ma certo i comportamenti di una pattuglia di parlamentari, quelle improvvise giravolte, documentavano la qualità del loro agire politico. L’ha confermato lo stesso Berlusconi ammettendo di aver versato a De Gregorio almeno un milione di euro. Soldi, così li ha giustificati, che dovevano essere utilizzati per irrobustire la rete internazionale di Forza Italia. Bugia così spettacolare da essere indigeribile: perché mai un partito di governo, forte e ramificato, deve pagare un parlamentare eletto con la parte avversa e delegargli il compito di intrattenere neanche per suo conto i rapporti con fantomatici interlocutori stranieri? Infatti De Gregorio non risulta mai essere stato un iscritto di Forza Italia, e quei soldi gli vennero elargiti non a nome di Forza Italia. Egli ne poteva disporre per irrobustire la sua personale rete del suo personale partito: Italiani nel mondo. Mercimonio completo e pubblico. Corruzione evidente e conclamata.
Non ho alcuna fiducia negli italiani e non penso che questo fatto, se fosse stato conosciuto prima delle elezioni, avrebbe mutato di una virgola il risultato elettorale. Il Cavaliere avrebbe urlato alla persecuzione e tutto sarebbe finito nel falò dei commenti e dei distinguo. Questa volta la giustizia ha atteso che le urne fossero chiuse per rendere pubblica una confessione così straordinaria e grave. Con le parole possiamo giocarci, con le parole possiamo anche azzuffarci. Restano i fatti. E i fatti dicono, per la confessione dei rei che la caduta del governo Prodi fu acquistata con una valigiata di euro. Fu un golpe, anche se appare, in quest’Italia perduta e sconfitta, una marachella.
da: www.ilfattoquotidiano.it, 2 marzo 2013