La scimmia giacobina è l’ultimo prodotto delle differenziazioni che si stanno determinando nella mandria di bruti che riempie delle sue strida i mercati italiani. Differenziazione meccanica. La scimmia non ha anima; la sua vita è susseguirsi di gesti; i gesti sono diventati frenetici; ecco la differenziazione.
La vita italiana politica è stata sempre più o meno in balía dei piccoli borghesi; mezze figure, mezzo letterati mezzo uomini; il gesto è tutto in loro. Concepiscono la vita librescamente. Sono imbevuti di letteratura da bancherella. Non concepiscono la complessità delle leggi naturali e spirituali che regolano la storia. La storia è per loro uno schema. […]
Questa superficie l’hanno presa per sostanza, il gesto di un individuo l’hanno preso per l’anima di un popolo. Ripetono il gesto, credono con ciò di riprodurre un fenomeno. Sono scimmie, credono di essere uomini.
Non hanno il senso dell’universalità della legge, perciò sono scimmie.
Non hanno una vita morale. Operano mossi da fini immediati, particolarissimi.
Per raggiungerne uno solo, sacrificano tutto, la verità, la giustizia, le leggi più profonde e più intangibili dell’umanità.
Per distruggere un avversario sacrificherebbero tutte le garanzie di difesa di tutti i cittadini, le loro stesse garanzie di difesa. Concepiscono la giustizia come una comare in collera col forcone brandito.
La verità è una donna da marciapiede della quale si sono autonominati i d’Artagnan.
L’umanità è solo composta da chi la pensa come loro, cioè da chi non pensa affatto, ma sacrifica al dio di tutte le scimmie.
Sono italiani, in un certo senso. Sono gli ultimi relitti di un’italianità decrepita, uscita dalle sètte, dalle logge, dalle vendite di carbone.
Un’italianità piccina, pidocchiosa, che contrappone all’autorità dispotica dei principotti una nuova autorità demagogica non meno bestiale e deprimente. Sono i relitti di quell’italianità che ha dato prefetti e questurini al giolittismo, e ora vuole imporsi con altri prefetti e altri questurini.
La loro affermazione ultima, questo loro esagitarsi goffamente, è utile in fondo. Gli italiani nuovi, che si sono formati una coscienza e un carattere in questo sanguinoso dramma della guerra, sentiranno maggiormente la loro personalità in confronto di queste scimmie.
Le scimmie giacobine sono utili per questo: che gli uomini vorranno essere piú uomini, per differenziarsene, per non essere confusi coi gaglioffi, che hanno un nido di scarafaggi per cervello e una stinta fotografia di Marat per anima.
Sotto la Mole, 22 ottobre 1917
proprio stamattina in televisione ho visto uno dei personaggi politici descritti da Gramsci come scimmia giacobina: il capogruppo della lega Nord, mi sembra si chiami Cota o giù di lì. Discettava di immigrazione, lui che essendo padano non ha neanche una patria, e sulle generazioni di emigrati italiani. Poveri noi!!! Ti ricordi ancora una volta il nostro Gramsci che scriveva di voler essere “l’acido corrosivo dell’imbecillità”? Mio padre, semplice lavoratore delle Ferrovie, diceva, fra proverbio e buon senso, che l’asino di per se stesso procura danni, ma quand’è anche presuntuoso, allora sono dolori. Che ne penserà il leghista?