Rispetto alla primavera scorsa sembra che ci spaventi più la fame che la malattia. Abbiamo paura che i soldi finiscano non che si finisca in ospedale. La nostra società, per come è strutturata, non sembra capace di convivere col Covid. Ha un’unica possibilità di sconfiggerlo: sbarrarsi in casa, dunque spegnere la luce. Perciò Angela Merkel quando dice che il lockdown è possibile solo quando la gente vede gli ospedali pieni, afferma una doppia verità. Non riusciamo a fermarci mai, se non quando la morte bussa nei paraggi. Se anche avessimo avuto il più formidabile dei governi saremmo andati incontro al virus. Magari con qualche settimana di ritardo e qualche capacità di resistenza in più (e non sarebbe stato male!). Però per vincere il Covid forse non sarebbero bastati più bus, più aule scolastiche, più letti di ospedali, più tracciamento. Condizioni necessarie ma purtroppo non sufficienti. A giugno avremmo dovuto continuare a distanziarci, a continuare a tenere separate le famiglie ad aprire la metà di quel che si è aperto, e già a luglio avremmo dovuto considerare vietati i viaggi, e poi ad agosto annullare le vacanze.
Quale governo europeo avrebbe potuto avere la forza di imporre, dopo tre mesi di chiusura, limitazioni simili? Avrebbero causato rivolte di piazza, proteste incontrollate, atti continui di disubbidienza. E tutti avremmo definito quelle decisioni come la cornice di una nuova dittatura. Ricordate in Parlamento l’accusa? Questa è dittatura sanitaria, si diceva. E sul tavolo c’era poco o niente da contestare. La verità è che il controllo del virus sembra totale solo dove l’opinione pubblica non ha voce e la disciplina sociale diviene indiscutibile. Perciò la considerazione della Merkel più che una resa all’evidenza è la presa d’atto di come sono fatte le nostre società, della loro energia vitale che, in casi come questi, diviene come quelle malattie autoimmuni. Perciò, tra non molto, i letti degli ospedali saranno pieni e allora accetteremo di andare in lockdown. Dobbiamo dircelo: non sappiamo convivere col virus, non sappiamo restringere le nostre libertà oltre un certo limite e le nostre abitudini oltre la soglia breve dell’eccezione. Questo è il problema e insieme la condanna.