Basilicata – Il 24 marzo le elezioni regionali: il crollo del potere dei Pittellas del Pd favorisce il candidato del centrodestra
Le vie della transumanza sono infinite e in Lucania, che si fa accarezzare dalla brezza dell’opportunismo e della clientela, il sentiero è divenuto largo come un vialone. E così chi era di qua, cioè nel centrosinistra a monopolio Pd, corre nel centrodestra, ora salvinizzato, fiutando l’occasionissima. Salvatore Adduce, il presidente della Fondazione Matera che gestisce il budget della capitale europea della Cultura, è titolato a illustrare la questione: “Per fregare me, al tempo in cui ero ricandidato dal Pd a fare il sindaco di Matera, si organizzò una congiura con tanto di notaio. Alcuni dei miei grandi elettori fecero cartello col compito dichiarato di fottermi, deviando i consensi verso il centrodestra. Ci riuscirono. Ora non c’è congiura, ma semplicemente il tradizionale salto della quaglia. Il centrodestra odora di vittoria (anche se invece dico che noi possiamo vincere) e loro si imbucano, si infrattano, si infiltrano”.
Infiltrati, infrattati e motorizzati di ogni risma e colore. Gli imprenditori anzitutto rotolano con nonchalance nel campo avverso. Il presidente uscente delle Coop Paolo Laguardia – grande elettore Pd – è l’ultimo acquisto. In genere si distingue nel trapasso tutta la falange che fino a ieri si era sistemata dietro Marcello e Gianni Pittella, fratelli di famiglia egemone, di pura fede renziana, oggi in ambasce per via dei guai giudiziari che hanno costretto Marcello, governatore uscente, a farsi parecchi mesi agli arresti domiciliari e, infine, a cedere a Carlo Trerotola, farmacista di Potenza, la guida della coalizione.
Il declassamento ha provocato il successivo smottamento. Avvistata la mala parata, ha dato forfait Nicola Benedetto, arrembante assessore regionale con Pittella, e oggi arrembante sostenitore del generale Vito Bardi, un brav’uomo pescato dai berlusconiani nella caserma, per cui l’unica cosa che il militare in congedo prevede per la Basilicata è una sequela di telecamere che sorveglino mari e monti, borghi e villaggi sperduti, e diano sicurezza anche dove l’insicurezza non sembra assai patìta.
La Basilicata ha infatti meno di mezzo milione di abitanti, per lo più anziani, e soffre invece di una anoressia sociale, del lento e progressivo spopolamento del suo territorio che è bellissimo ma marginale, distante, sconosciuto. Silvio Berlusconi, per esempio, è rimasto di stucco quando – visitando le vestigia di Metaponto, una delle capitali della Magna Grecia – gli hanno riferito che la Basilicata ha 40 chilometri di costa e di mare verso est. “Incredibile, pochi lo sanno”, ha detto, e non è chiaro se lui fosse tra i pochi (in verità la Basilicata ha persino una seconda costa, che s’affaccia sul Tirreno e che ha nella splendida Maratea la sua città marina). Il Cavaliere ha fatto un rapido passaggio, e capita l’antifona, vedendo cioè i suoi interventi poco frequentati, ha disdetto l’ultimo appuntamento della sua breve trasferta lucana (doveva andare nella magnifica Venosa), accomiatandosi anzitempo con gli amici, dopo essersi però tolto lo sfizio di definire “coglioni” i supporter del governo gialloverde. “Eccolo il coglione”, ha detto il suo alleato Matteo Salvini, nelle vesti di nuovo leader, che invece la regione l’ha battuta palmo a palmo, riempiendo le piazze, attirando anche colorate contestazioni, ma soprattutto avanzando l’ipoteca: dopo l’Abruzzo, la Sardegna, oggi la Lucania a trazione leghista. “Pensate, cari amici di Potenza, che io, piemontese, non ero mai venuto in Basilicata. Ma è una regione bellissima!”, ha detto Riccardo Molinari, il capogruppo leghista alla Camera, nella veste effettivo di straniero stupito che esistesse anche la Basilicata: “Anche solo un anno fa, se mi avessero detto che avrei tenuto un comizio qui non ci avrei creduto”.
E pensate se un anno fa avessero detto ai lucani che sarebbero divenuti leghisti. Se, per esempio, avessero mai immaginato che il capo della Coldiretti, Piergiorgio Quarto, adesso tifa per i lumbard. Se Giovanni Scarola, ingegnere con il pallino degli idrocarburi, numero due della lista Pd di Matera alle scorse comunali, oggi fosse stato un supporter della coalizione salviniana. In effetti anche il petrolio dà una mano a Salvini. Il sindaco di Viggiano, capitale Eni, è un suo nuovo tifoso (fratello in lista); Giovanni Castellano, ras dei rifiuti petroliferi, ha partecipato a una cena in suo onore. Magnifiche e progressive sorti della borghesia affluente che ha dimenticato l’amicizia con i Pittella, oggi potere declinante.
La Basilicata, prima del 4 marzo 2017, era area politica extraterritoriale. Il centrosinistra vinceva col 65 per cento, senza bisogno di fare campagna elettorale. Dopo il 4 marzo la rivoluzione. I Cinquestelle hanno raggiunto il 50 per cento. Adesso con la loro unica lista (20 i candidati) dovranno fronteggiare i concorrenti (100 candidati e cinque liste col centrodestra, centoquaranta candidati e sette liste il centrosinistra). L’obiettivo è perdere bene. Venti punti in meno sarebbero il top. Col trenta per cento Di Maio potrebbe ben dire di essere comunque il primo partito. Il problema è se l’emorragia sarà contenuta in venti punti. Perché la Lega, che ha mangiato Forza Italia, adesso ha la forchetta nel piatto grillino. E mangia.
Il candidato a cinque stelle si chiama Antonio Mattia, rivenditore di giochi per bambini. Brava persona, ma nulla di più. Il successore dei Pittella nel Pd si chiama invece Carlo Trerotola: farmacista, aiuta gli indigenti (“il buono di Basilicata”, il suo slogan), ma viene da famiglia missina, e sciaguratamente ha confessato che l’unico politico che l’ha appassionato in gioventù si chiamava Giorgio Almirante. Tutto si tiene.
Da: Il Fatto Quotidiano, 19 marzo 2019