Lavoratori, genitori preoccupati e perfino qualche imprenditore: sfilano tre chilometri di persone vere
Quanti tweet ci vogliono per riempire questa piazza? L’Italia che non si vede più, che nessuno riconosce per strada, sbuca dall’Esquilino ed è un tronco di un albero che sembrava perduto, sparito dalla foresta, dalla nuova civiltà di internet. “Alzarsi alle quattro del mattino è dura, io non ho tempo per stare al computer. Ho quarantadue stanze da rassettare, ogni giorno. E vedo che non ce la faccio a fine mese, malgrado mi spezzi la schiena, ed è un gran problema”, dice Cristina da Mogliano Veneto. Con le sue compagne aggiunge colore a una nuvola di giubbe rosse, i fratini con i quali i sindacati misurano il peso specifico. Quelli della Cgil sono di più, naturalmente. Ma il nuovo, in questa Italia antica, dimenticata dalla politica, senza più opinione e senza più credito, perché la reputazione i sindacati se la sono un po’ giocata nei disastri post berlusconiani, e Twitter non ha bisogno della forza lavoro, è che l’albero sembra invece vivo, le foglie verdi, i rami intatti.
Roma è invasa, e non si vedeva dagli anni di Sergio Cofferati, quando il sindacato trascinava e orientava, dava vita o la negava ai governi. Lui, Cofferati, pure oggi ha fatto capolino nel corteo (visti anche D’Alema ed Epifani, Martina e la reggenza variegata della sinistra disunita), in questa che però non sembra una gita sociale di reduci e pensionati. E il tronco lungo tre chilometri non è lo spazio del circolo ricreativo della terza età, il pellegrinaggio di chi ha avuto, ma un lungo e pensieroso bivacco di lavoratori che chiedono, di padri preoccupati, di mamme che non ce la fanno più e perfino di qualche imprenditore angosciato.
Il problema di Cristina, l’addetta alle pulizie di Mogliano Veneto è lo stesso di Francesco, 37 anni e un figlio, livornese. “Il lavoro oggi rende poveri. Io sono addetto alla manutenzione dei carrelli per le ferrovie. La mia ditta ha vinto un appalto con Fs, ma mi danno quattro soldi”. Si resta poveri anche lavorando, questa è la novità. E chi non è povero teme di divenirlo. Come Ermanno Bellettini, dirigente della Rossetti, settore trivellazione: “Dicono no alle trivelle, e della mia azienda che ne sarà?”
La novità è che la piazza pur essendo piena, non urla, non scalpita, non inveisce. Non accoglie tra le sue fila gli odiatori da social network. Si dichiara antifascista e antirazzista (“restiamo umani”). Non ha neppure vergogna di cantare Bella ciao. E anche questa è una novità, visti i tempi. “Noi siamo il popolo, questi ora al governo dicono che sono i rappresentanti del popolo. Quindi dovrebbero essere con noi”, chiede Marisa, insegnante ragusana. “Vogliono farmi stare altri sette anni al lavoro. Ma lavorare all’asilo è impossibile. Non regge il fisico”. Lei ha votato cinquestelle. “Non so se lo rifarò”.
La piazza è piena ma promette che le urne, almeno viste da qui, a maggio per le europee resteranno vuote. “Fanno casino, gridano contro, non mi piacciono molto. Mi sembra che non abbiano le idee chiare”, Antonio, metallurgico torinese, astenuto ieri, astenuto domani. “Io ho votato Lega”, dice Luigi da Ivrea. “Io Lega”, cosi Vittorio da Novi Ligure. “Adesso fottetevi”, ribatte Umberto, la maglietta di Potere al Popolo, new entry a sinistra.
Oggi la piazza non è colma, è stracolma. “Veniteci a contare”, dice Maurizio Landini, neosegretario, e solleva ottimismo tra gli iscritti. “Con Landini finalmente si torna a combattere” (Cesare, da Molfetta), “Landini è quello che ci voleva” (Antonio, Cantieri riuniti di Stabia), “con lui Salvini non farà il buffone” (Angelo, assistente scolastico di Paternò).
Malgrado gli acciacchi del sindacato questa piazza oggi nessuno sarebbe in grado di riempirla così. Non più il Pd, che oramai nella hit parade del gradimento è fuori competizione. Ma nemmeno i Cinquestelle e pure Salvini non ce la farebbe. Piazza del Popolo a dicembre, quando la Lega decise la prova di forza, era la metà della metà di questo lungo tronco di uomini e donne, padri e anche nonni. “Si va bene, si dice che è una piazza contro di noi. Sono venuta qui apposta per verificare. Ed è falso. Come sospettavo, nessuno ha avuto nei nostri confronti espressioni di malcontento”, certifica via Twitter Vittoria Baldino, deputata cinquestelle, nella veste di testimone oculare sul luogo del presunto delitto. Lei sola. Di Maio, che pure sarebbe ministro del Lavoro e qualche attenzione dovrebbe prestarla a manifestazioni come queste, ha risolto il conflitto, ora silente ma non più inconsapevole, salendo in groppa al cavallo di battaglia del Movimento: “Confidiamo che Landini si unisca a noi per abbattere le pensioni d’oro degli ex sindacalisti”.
Ecco, tutto qua. La distanza tra la piazza e il Palazzo, ora che i ruoli sono invertiti, è divenuta tale e quale a prima. Quando c’erano quegli altri.
Da: Il Fatto Quotidiano, 10 febbraio 2019