Il pubblico ufficiale deve obbedire soltanto alla legge. Chiederne il rispetto e farla rispettare. Il pubblico ufficiale che garantisce l’ordine pubblico ha a disposizione mezzi di coercizione di cui deve fare uso nei casi previsti dalla legge. Chi si trova in pericolo, perché minacciato, aggredito, insultato, deve poter contare sull’ausilio, anche armato, delle forze dell’ordine. Abbiamo la fortuna di avere un sincero democratico a capo della polizia.
Il prefetto Franco Gabrielli si opporrebbe con tutte le sue forze, impugnando la legge, se l’autorità politica per disgrazia dovesse mai chiedergli di violarla. Perciò, prima ancora che interpellare il ministro dell’Interno, la cui disinvoltura a usare i fatti per denigrare le sue stesse parole è ormai nota (una per tutte: selfie con l’ultras violento e poi dichiarazioni contro la violenza degli ultras) bisognerebbe chiedere al capo della polizia perché ieri i poliziotti in servizio per garantire l’ordine pubblico durante un ritrovo commemorativo neofascista, abbiano atteso che due persone venissero prima accerchiate, poi insultate, infine picchiate e venissero loro sottratti e distrutti gli strumenti di lavoro (macchina fotografica e telefonino) senza intervenire. Le due persone sono giornalisti dell’Espresso ed erano lì per compiere il loro lavoro: testimoniare, documentare, raccontare.
Questa inerzia delle forze dell’ordine diviene clamorosa, e fuori dai confini della legge, se confrontata alla sollecitudine, anch’essa frutto di un abuso, di cui hanno dato prova l’8 dicembre scorso due agenti in borghese che in piazza del Popolo, dov’era in corso la manifestazione leghista, hanno prima strattonato e poi condotto fuori dalla piazza, obbligandolo a una umiliante identificazione di polizia, un manifestante pacifico e silente che impugnava il seguente cartello: “Ama il prossimo tuo”.
Gabrielli è un prefetto della Repubblica chiamato a garantire a tutti gli italiani l’incolumità e la libertà di espressione e a fare rispettare la legge anche con l’uso della forza nei confronti di ciascuno che dovesse violarla. Quindi pure di Matteo Salvini, se mai uscisse di senno e chiedesse, mettiamo il caso, di manganellare chi non è leghista. Figurarsi dei neofascisti.