Un particolare tipo di umani ritiene che la vita sia compendio di sfortune, di soprusi abietti, di scontri epocali. C’è sempre qualcuno nel mirino, perché la realtà non è mai mutevole, e l’avversario è intramontabile, nemico per sempre. Cosicché anche quando il suo avversario, o colui che ritiene tale, fa qualcosa di decente trova il modo di screditarne il valore per mettersi a pari con la coscienza e ristabilire il giusto equilibrio della dose di veleno quotidiano. Dopo la stagione dei cosiddetti “buonisti”, coloro che impalmavano ogni faccenda, anche la più screanzata, con un sorriso, è nato – grazie a internet – il regime dei “cattivisti”.
I cattivisti si dividono in due fazioni: i razionali e gli emotivi. Una sub specie è quella dei cretinetti: sono i cattivi che cibano le loro giornate di ironie di quarta categoria. Internet ci ha rimessi in riga e fatto ritornare quelli che siamo sempre stati senza però mai dircelo: ci ha fatto ritrovare il gusto di essere cattivi. Cosicché qualunque cosa ci riempie di bile.
Anche a chi scrive Luigi Di Maio non sembra abbia somiglianza alcuna con Karl Marx, e il suo decreto “dignità” sarà anche pieno di buchi, imprecisioni e contraddizioni. Ma è troppo convenire su un punto, almeno su uno? Sul fatto cioè che il lavoro – qualunque tipo di lavoro – sia stato squalificato, derubricato, svilitoanche oltre le contingenze di una crisi economica senza pari? È troppo convenire almeno sul fatto che, in nome della crisi, una genia di imprenditori abbia costruito il nuovo teorema dello sfruttamento? Acquisire a qualunque latitudine e per qualunque necessità una forza lavoro a un costo sempre più contenuto, spinto addirittura sotto i limiti della fame?
Non bisogna essere marxisti, figuratevi se comunisti, per acquisire questo dato elementare come elemento condiviso e da lì partire per tentare di dare un futuro alle nostre speranze. Niente. I cattivisti sono all’opera. Forti del fatto che quegli altri, che ora sono al governo, nel ruolo degli oppositori erano ugualmente cattivi, anzi di più!, bisogna rendere la pariglia.
Merita un plauso invece Matteo Salvini, del quale sempre chi scrive non è un appassionato estimatore delle sue parole. Salvini ha compreso da tempo che ci piace essere cattivi, anzi cattivissimi, anzi ancora di più. E ogni giorno serve il menù che attendiamo, come i cani davanti alle macellerie di paese aspettano l’osso. Poi, per far fluidificare il nostro cattivismo e renderlo simpatico, il nostro Matteo, che la sa lunga, aggiunge come fosse il dessert dei giorni di festa, un pizzico di allegro ma pingue sarcasmo. Lui sa infatti che siamo anche un po’ cretinetti. Oggi per esempio ha scritto un bellissimo tweet: “Contro il caldo africano purtroppo non posso fare nulla. Come va da voi?”.
Fa un caldo africano anche qui, Matteo. Ma che forza di ministro che sei, e che ridere che fai!