Infrastrutture e Trasporti, quell’ironia stonata sul ministro Toninelli

Solo uno stupido presume che questo governo, per principio, debba fare o faccia unicamente cose sbagliate. Secondo Aldo Grasso del Corriere, Danilo Toninelli, il ministro delle Infrastrutture, sarebbe null’altro che il ministro del No. No al Tav, no al Tap, no all’Airbus, no all’efficiente consiglio di amministrazione delle Ferrovie dello Stato. Grasso, per rendere ancora più teatrale la sua disistima, lo chiama “ToniNo” e lo annovera tra i distruttori universali. Noi che abbiamo assai stima di Grasso aspettavamo di leggere le motivazioni che erano alla base della sua critica. Ma purtroppo dobbiamo pazientare. La sentenza è stata resa pubblica, le sue ragioni no.

Nell’attesa abbiamo passato in rassegna i No di Toninelli.

Iniziamo dall’aereo di Stato. Sappiamo quanto costa, 150 milioni di euro il contratto di leasing, sappiamo chi l’ha commissionato, cioè Matteo Renzi, ma non sappiamo a cosa serva. Infatti questo lussuoso aereo non è mai stato utilizzato da Renzi, né da alcun suo ministro. Per una volta, almeno così abbiamo capito, è salito a bordo l’ex sottosegretario Scalfarotto in missione all’estero con gli industriali italiani. Ha senso? Esistono gli aerei di linea, e gli industriali, singolarmente o in gruppo, possono riservare la business class delle migliori compagnie e, con l’aiuto del governo italiano, fare affari all’estero.

Il Tav. Mai un’opera è stata così contestata. Iniziamo a domandarci perché. Tutti matterelli i residenti della Val di Susa? Tutti vogliosi di togliere all’Italia un’opera così essenziale nel trasporto merci? I contestatori da anni documentano che i costi erano sovrastimati, il tracciato infieriva inutilmente e crudelmente sulla vallata. Perché i loro documenti, le analisi, le perizie e la logica che proveniva da quel movimento sono stati ritenuti inaffidabili e poi però abbiamo dovuto fare i conti con la realtà di altre analisi, perizie e verifiche, questa volta istituzionali, che, per esempio, hanno certificato che i 15 milioni di tonnellate di merci previste nel business plan per il 2035 rappresentano una cifra fantastica, irragiungibile? Perché appena due anni fa l’allora ministro Delrio ha comunicato la revisione del progetto con un risparmio di 2,6 miliardi di euro e una riduzione dell’impatto ambientale della tratta senza incidere in alcun modo sulla sua efficienza? Ecco, Aldo Grasso potrebbe riflettere e dirci chi aveva ragione: quelli del No o quelli del Sì. E soprattutto spiegare perché la decisione dell’attuale ministro Toninelli, quella cioè di analizzare attentamente i costi e capire cosa sia meglio fare, gli sembra così bizzarra.

Proseguendo, sempre Grasso potrebbe spiegare ai pugliesi ma anche agli italiani perché lo sbarco del Tap, il grande tubo che arriva col suo gas dal lontano Oriente, debba per forza posarsi nell’area protetta di Melendugno anziché nella zona industriale desertificata e da bonificare di Brindisi? C’è qualcuno che finora l’abbia fatto capire bene? A me sembra di no. Chi si oppone allo sbancamento di Melendugno non riuscendo a comprendere la logica di quella scelta, è anch’egli un sovversivo, un estremista, un distruttore?

E chi dice che i binari italiani siano utilizzati per meno di un terzo e le attenzioni esclusive sono destinate alle tratte dell’alta velocità, dichiara il falso? Sono più di cinquemila i chilometri di binari morti e centinaia di tratte secondarie sono in disuso. Lo sa Grasso che l’Italia nascosta, quella interna, sta morendo proprio perché non ha più via di comunicazioni celeri ed economiche? Lo sa che tra pochi anni mille dei nostri 8000 paesi moriranno, nel senso che scompariranno, perché la vita in quei posti è divenuta impossibile? Ogni anno la morìa avanza: ospedali chiusi, scuole chiuse, uffici postali chiusi.

È immaginabile che l’Italia possa essere abitata solo lungo la costa, nella direttrice nord-sud, dove appunto i frecciarossa sono in orario, e divenire un cimitero al suo interno? È immaginabile lasciare cadere milioni di metri quadrati di abitazioni oramai disabitate e concentrare nelle aree metropolitane tutti i migranti territoriali? Finora Trenitalia ha pensato non agli italiani, ma alle sue casse. Chi ha soldi e abita in città parte, chi no aspetta e spera. Comprensibile per chi ha un fatturato da salvaguardare, meno per un governo che – fino a prova del contrario – dovrebbe fare gli interessi di tutti, principalmente dei più deboli.

da: ilfattoquotidiano.it

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