Cosa ce ne facciamo dell’Europa se mette le mani in tasca?
Diceva don Milani ai ragazzi che definiva “i sovrani del futuro”: Che te ne fai delle mani pulite se poi le tieni in tasca? E noi, ditemi, cosa ce ne facciamo dell’Europa se si benda gli occhi e si lega mani e piedi pur di non prendere posizione, di non scegliere, di non aiutare, di non risolvere le contese tra gli Stati membri?
Cosa ce ne facciamo di questa Europa che nel verbale di intesa dei capi di Stato non coniuga mai all’indicativo il verbo dovere? Nessuno deve fare: se gli va, potrebbe anzi “dovrebbe”. Il “dovrebbe” è la resa alle nostre paure e ai nostri egoismi, è la premessa per il disastro prossimo venturo.
Nessuno Stato ha l’obbligo di accogliere e dividersi i migranti. Nessuno Stato ha l’obbligo di solidarizzare con l’altro. Nessuno Stato ha l’obbligo di attuare politiche di rallentamento dell’ondata migratoria attraverso aiuti verso le terre di provenienza di questa umanità disgraziata né l’Unione europea si obbliga di coordinare urgentemente un piano straordinario di finanziamento e cooperazione allo sviluppo. Non vogliamo aiutarli a casa nostra, non vogliamo aiutarli a casa loro. L’unica decisione presa è che nemmeno le Ong, le uniche barche pronte al salvataggio, dovranno aiutarli.
L’Unione europea ha semplicemente stabilito che se vanno in mare e poi muoiono non è colpa di nessuno. Ha reso ufficiale il genocidio di Stato, il crimine collettivo contro l’umanità. Sono tanti i Salvini, che almeno mette le sue parole truci nel vocabolario dello sterminio organizzato: Macron, il fringuello riformista francese, il socialista spagnolo Sanchez, la conservatrice tedesca Merkel, il fascista ungherese Orban, i clericali polacchi.
Ciascuno provvederà al suo benessere curando che i disgraziati del mondo – se provano a fare i furbi – abbiano la sepoltura che meritano: in bocca ai pescecani. Rubo a Matteo Salvini la sua parola d’ordine: che schifo!