Tinto Brass, icona del cinema erotico, si è sposato in tarda età con una signora 57enne, avvocato. Cinque anni or sono è stato colpito da ictus. I suoi due figli di primo letto hanno chiesto e ottenuto dal giudice – temendo che il patrimonio personale venisse dal papà disperso in iniziative troppo allegre – che la moglie diletta amministri i beni e ne tuteli il loro valore.
La moglie, che vive questa felice stagione con Tinto, si rifiuta di divenire amministratrice in forza della legge e non magari dell’amore e decide di ricorrere in appello per sentirla revocata.
Brass si ricorda di Sofocle, pure a lui successe di vedersi intimare dai figli l’esproprio.
Ora io domando: uno Stato che nega sistematicamente giustizia, che allena i furbi e i prepotenti – per via del groviglio di norme che rallentano ogni passo e sistematicamente si arenano davanti a mille prescrizioni – perché deve farsi ficcanaso oltre il limite del lecito?
Com’è triste la vita di quel figlio che vive l’ossessione dell’erede mancato, che mostra il suo unico talento nel segnalare i vizi del padre dal quale però si attende il bonifico dell’addio.