SILVIO, IL MIMO CHE IMBRIGLIÒ MATTEO

Sono mancate le corna, quelle dei bei tempi, alzate durante un vertice internazionale di qualche anno fa, per alleggerire la tensione, dietro al capo del ministro spagnolo Piquet. Per il resto Berlusconi ha prodotto il meglio del suo repertorio spostando di lato, senza neanche forzare il bacino, un disorientato Salvini che ieri per distinguersi s’era pure fatto venire in mente di indossare, nel confronto clou quirinalizio, la cravatta verde Padania.

Il Berlusconi bombastico, teatrale, un po’ mimo e un po’ ermeneuta, ha compiuto, in favore delle telecamere, la sua prova nella nuova veste di Signor No. Interdetto dal Parlamento perché condannato, non gli è stato impedito di salire lo scalone del Colle e lui subito se ne è approfittato. Fregando sul tempo al rallentato leader padano il posto d’onore nel salotto di Mattarella, primo a sinistra invece che secondo, in modo che anche lì fosse chiara la misura della responsabilità. Poi, al l’uscita, nel salone della Vetrata, rendendo le dichiarazioni salviniane un intermezzo triste delle sue virtù comiche.

Ha fatto prima il bravo presentatore, come già il grande Biagi aveva profetizzato (se solo avesse una “puntina di tette” Silvio farebbe anche la presentatrice) e poi il mimo. Ha irretito il nuovo leader avvertendo che avrebbe dovuto dire solo ciò che era contenuto nella dichiarazione pattuita, “abbiamo discusso su ogni parola”, senza farsi venire in mente sillabe non concordate, e poi gli ha rotto le scatole seguendo – da mimo – la lettura del testo. Uno, due, tre. Col capo ciondolante, oppure lo sguardo fisso, la mano nel doppiopetto Saraceni oppure nascosta dietro le spalle, teneva il ritmo. Cosicché il leader si è ritrovato gregario, e l’interdetto ha svolto il ruolo dell’interditore.Continue reading

Roma, quanto costa una lacrima? Arriva la tassa sul commiato

Quanto vale una lacrima? Ma, soprattutto: quanto costa piangere? Il comune di Roma ha aggiornato il regolamento cimiteriale aggiungendovi una clausola. Il commiato dal defunto, scrive Repubblica, è gratuito se effettuato nel giorno in cui la bara viene consegnata al suo luogo. Nelle giornate successive all’entrata della salma, nel caso si volesse ripetere il saluto, bisogna versare 202 euro. Tassa pro lacrima.

Piangi quanto vuoi, ma prima passa alla cassa.

da: ilfattoquotidiano.it

La crisi e il partito del cucù

Chi ha voluto il Rosatellum? Il Pd, Forza Italia e la Lega. Cos’è il Rosatellum? Una legge elettorale per tre quarti proporzionale più un blando correttivo maggioritario. Cosa aveva invece proposto il M5S? La legge elettorale tedesca fondamentalmente proporzionale con un appena più accentuato correttivo maggioritario. Tutti dunque tenevano al proporzionale. Ma nessuno aveva badato alle conseguenze tipiche dell’effetto ottico. Il proporzionale è infatti un sistema capace di farti perdere anche se vinci oppure, e peggio, riesce a far credere a tanti di essere maggioranza fin quando non fanno di conto e scoprono di essere minoranza. Per cui, invocati dall’emergenza, al capezzale della legislatura giunge infine un largo schieramento trasversale di sconfitti che, pur di tenerla in vita, guadagnano la maggioranza: il cosiddetto partito del cucù.

da: ilfattoquotidiano.it

Francesco Fabbrizzi: “Renzi è la nostra luce. Il M5S ci tenta? Il nome del premier lo facciamo noi”

“Il fegato, i reni. Soprattutto il cuore. Sono renzianissimo dentro, e il dispiacere di non aver conosciuto Matteo si aggiunge alla delusione che gli italiani non hanno capito la modernità della sua politica”. Francesco Fabbrizzi è il sindaco di Radicofani, la rocca della cintura senese che fu casa e rifugio del brigante Ghino di Tacco, personaggio di cui si infatuò Bettino Craxi. Ghino di Tacco fu lo pseudonimo col quale il leader del Psi dominò la scena politica facendo pesare il suo piccolo bottino elettorale oltre il possibile.

Renzi potrebbe essere il nuovo Ghino di Tacco, e lei il sindaco del suo fortino.

I tempi sono cambiati e non credo che a Matteo possa riuscire quel che Craxi fece.

Fabbrizzi, lei è innamorato della politica e del suo partito, il Pd.

A 16 anni ero iscritto ai Ds, a 19 consigliere comunale, a 24 vicesindaco, a 29 sindaco. Per dire che la mia vita – ora di anni ne ho solo 33 – è stata una dedizione assoluta.

Renzi è la sua luce.

Senza di lui cosa rimane? Senza il suo piglio, la sua energia, la forza e la tenacia con la quale ha disegnato il percorso cosa c’è?

Ma proprio grazie al suo disegno avete avuto batoste inenarrabili.

Nessuno può convincermi che gli 80 euro non fossero un aiuto ai ceti più popolari del Paese. Anch’io per un anno ne ho goduto.

Un anno solo?

Poi in verità me li hanno tolti.

Che lavoro fa?

Operatore del servizio Acquedotti.Continue reading

Milano, le mazzette tra l’anca e l’esofago

Dove c’è un ospedale c’è una tangente. E’ sempre così, è quasi ovunque così. Che sia sanità disastrosa (Calabria) o eccellente (Lombardia) il pizzo, il pegno, il dazio risultano oramai un obbligo ineliminabile, una consuetudine assoluta, una tappa suggerita ai frequentatori di questi luoghi.

Di qualche ora fa la notizia di quattro primari arrestati a Milano. Corrotti, secondo l’accusa, da chi confeziona e vende le protesi mediche.

L’uomo sarà anche peccatore, ma è insopportabile che ogni peccato si consumi prevalentemente dove il dolore chiede di essere alleviato.

Oramai i partiti sono estinti, tranne che nelle corsie degli ospedali. E anche i sindacati, resi un corpo tumefatto e immobile, vivono una vita effervescente solo in quelle stanze.

In un ospedale si avrebbe da chiedere umanità, pietà, competenza e anche pazienza. Invece ci ritroviamo sempre a far di conto con il solito pugno di mazzette sparse tra l’anca e l’esofago, il cuore e i polmoni.

da: ilfattoquotidiano.it

Di ragù si può morire, se l’idiozia diventa questione di massa

Una signora modenese di 47 anni minaccia sua madre settantenne con un coltello. Motivo: mamma sta preparando il ragù e la figliola – vegana – reagisce all’affronto con l’arma finale. Concordo con voi: la questione dovrebbe essere devoluta a un bravo psichiatra. Prima dello psichiatra c’è però un elemento su cui riflettere: le passioni, le scelte di vita, sempre più spesso si trasformano in ossessione e non sembra esserci cura. La politica, il calcio, gli animali. Adesso persino il cibo. E la passione si trasforma in ossessione appena il tema diviene televisivo, assurge a stile di vita, a questione popolare, e non c’è modo per contenere la smodatezza dei comportamenti, l’esondazione del pensiero in filippica quanto non in gesti violenti. Siamo riusciti a realizzare un fronte di guerra persino sulla vaccinazione, illustrando (e le librerie sono purtroppo piene di tomi esplicativi) conflitti armati tra pro vax e no vax.

L’idiozia dovrebbe essere selettiva. Ma se diviene di massa?

da: ilfattoquotidiano.it

I due Matteo: Salvini A non sa o non ricorda cosa fa Salvini B

C’è un Salvini A e un Salvini B. Un Matteo di diritto e un Matteo di rovescio. E la cosa stupefacente è che il primo Salvini non sa che combina il secondo. Matteo, per esempio, non sa o non ricorda che il Rosatellum, questa immonda legge elettorale, è anche opera sua. Anzi, per dirla tutta, dobbiamo ringraziare lui se è stata approvata. I due Matteo infatti non si parlano, e quindi il primo non sa nemmeno che il secondo ha ottenuto, durante la campagna elettorale, un aiutino, qualche migliaio di voti, da Giuseppe Scopelliti, ex sindaco di Reggio Calabria ed ex governatore della Regione, da ieri costretto al fermo tecnico in carcere per averfalsificato i bilanci della sua città, oggi in dissesto, al tempo in cui la sgovernava. E Scopelliti insieme a Gianni Alemanno, inquisito per finanziamento illecito e incappato nelle maglie dell’inchiesta su Roma Capitale – aveva fondato il movimento per la sovranità. Quella che tanto piace a Salvini, il primo dei due.

E Matteo, il primo Matteo, neanche sa o ricorda che il suo alter ego si era fatto ritrarre in una bella foto al mare con Alessandro Pagano, a cui ha concesso l’onore di guidare il movimento in Sicilia, con un bel curriculum politico alle spalle: una sorta di re del trasformismo. Ai domiciliari per voto di scambio sono finiti in questi giorni il coordinatore palermitano Salvino Caputo e suo fratello, candidato non eletto alle regionali.
Se Matteo sapesse, altro che ruspa…

da: ilfattoquotidiano.it

DINASTIE. Orgoglio da metalmezzadri: “Ma si lavora e si muore di più”

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Terni

Generazione Acciaio. Roberto, Fabrizio e Juri. Come nonno, figlio e nipote, come una vita lunga un secolo e un quarto, come la tuta, perenne quanto il fumo in cielo e la polvere nei polmoni. Come Terni, centro di gravità permanente del laminatoio. Metalmeccanici altrove, metalmezzadri qui, e presto capiremo il perché.

Dei suoi 32 anni passati lì dentro ricorda la felicità esagerata, quell’euforia incontenibile dovuta all’arruolamento nella fabbrica che era come un matrimonio. La sposa perfetta era la tuta, compagna di vita, amore indiscutibile. Il laminatoio, il forno, la polvere, il rumore del martello. Roberto Marroni ora ne ha ottanta di anni e tiene il conto della gioia che gli ha fatto vivere la sua fatica, l’onore di essere operaio come gli altri, come tutti. “Si andava al sindacato che ti procurava il lavoro e la fabbrica era il nostro destino da conquistare a tutti i costi, l’aggiudicazione di uno status sociale, la fatica benedetta di ogni giorno quanto una fortuna, quanto il nostro piacere. La fabbrica insomma era il nostro Sol dell’avvenire”.

Terni era la fabbrica, le case subivano il ritmo di espansione dei reparti: più acciaio più camere da letto, più comodità, più acqua calda. Più polvere, più orti. Più scorie nell’aria, più insalata a terra. Perché Terni ha anche prodotto la figura del metalmezzadro, metà giornata in fabbrica e metà nei campi. Sicuramente operai ma ancora contadini: falce e martello, appunto.Continue reading

Polveri di Terni. Il partito della salute contro il potere d’acciaio

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Terni

 

Quel che si ama, rimane. Il resto, per dirla col Poeta, è scorie. È una pappa di cromo e nichel, quel miasma. E siccome tutto ciò che è solido, come ricorda Karl Marx, si dissolve nell’aria, ecco che le scorie, nella dispersione incontrollata dei fumi, diventano pulviscolo. E sono fiocchi di un guano spettrale che va a spalmarsi sui tettucci delle automobili, sulle spalle dei passanti, mischiata alla forfora, e così tra le zolle dei terreni intorno ai camini operosi di quella che comunque è in rapporto alla popolazione – e con ben 18 multinazionali operanti in città – il secondo polo industriale d’Italia.

TERNI È LA TERZA città d’Italia con oltre centomila abitanti a essere andata in bancarotta. È stata città Stato, città cellula, pupilla dell’occhio vigile del Partito Comunista, poi laboratorio delle trasformazioni della sinistra, oggi prossima a diventare grillina o più coerentemente – e si dovrà trovare il perché – leghista. Tra qualche settimana si vota e i risultati del 4 marzo non danno scampo. Nessun sogno, nessun onore al Pd schiantato dalla fatica di essere l’erede di un potere immanente e affluente, luogo di scambio di favori o bisogni: il lavoro in fabbrica attraverso il sindacato oppure a libro paga nei servizi assolti dalle cooperative, una per tutte la Actl, la padrona della città: mense, assistenza ai malati, diagnostica, tempo libero e pure la gestione delle cascate delle Marmore. Tutto affidato in una connessione sistemica, quasi sentimentale. A volte persino superando il diritto, sopravanzandolo con il principio di realtà. Inchieste e veleni. Anche qui scorie.Continue reading