Polveri di Terni. Il partito della salute contro il potere d’acciaio

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Terni

 

Quel che si ama, rimane. Il resto, per dirla col Poeta, è scorie. È una pappa di cromo e nichel, quel miasma. E siccome tutto ciò che è solido, come ricorda Karl Marx, si dissolve nell’aria, ecco che le scorie, nella dispersione incontrollata dei fumi, diventano pulviscolo. E sono fiocchi di un guano spettrale che va a spalmarsi sui tettucci delle automobili, sulle spalle dei passanti, mischiata alla forfora, e così tra le zolle dei terreni intorno ai camini operosi di quella che comunque è in rapporto alla popolazione – e con ben 18 multinazionali operanti in città – il secondo polo industriale d’Italia.

TERNI È LA TERZA città d’Italia con oltre centomila abitanti a essere andata in bancarotta. È stata città Stato, città cellula, pupilla dell’occhio vigile del Partito Comunista, poi laboratorio delle trasformazioni della sinistra, oggi prossima a diventare grillina o più coerentemente – e si dovrà trovare il perché – leghista. Tra qualche settimana si vota e i risultati del 4 marzo non danno scampo. Nessun sogno, nessun onore al Pd schiantato dalla fatica di essere l’erede di un potere immanente e affluente, luogo di scambio di favori o bisogni: il lavoro in fabbrica attraverso il sindacato oppure a libro paga nei servizi assolti dalle cooperative, una per tutte la Actl, la padrona della città: mense, assistenza ai malati, diagnostica, tempo libero e pure la gestione delle cascate delle Marmore. Tutto affidato in una connessione sistemica, quasi sentimentale. A volte persino superando il diritto, sopravanzandolo con il principio di realtà. Inchieste e veleni. Anche qui scorie.

MA TERNI È L’AST, innanzitutto; ovvero, Acciai Speciali Terni, fiore all’occhiello di una produzione d’eccellenza se – giusto due esempi – il ginocchio bionico, in Giappone, e la sofisticata strumentazione d’indagine per i Buchi Neri delle Agenzie spaziali, li fanno con l’acciaio umbro. Poi succede anche che in ogni famiglia, a Terni, c’è un decesso in conseguenza di tumori – diffuso è il cancro alla vescica e quello ai polmoni – e chissà che la molla della politica Thomas De Luca, 29 anni, leader del M5S ternano e candidato sindaco, non l’abbia trovata un anno fa chiudendo la bara di Vladimiro, il padre, ucciso dai miasmi.

Comunque tutto il suo ardore viene da lì: “Una volta il collante sociale era l’acciaieria, adesso è la salute; tre anni fa, in città, la mobilitazione di settemila cittadini contro l’inceneritore determina una nuova coscienza e si sa che quel che la Thyssen fa in Germania, e cioè fare di Essen – la sede principale delle acciaierie – la città più pulita nel mondo, può ben farlo qui; l’acciaio può anche essere prodotto attraverso un percorso eco-sostenibile”.

Tedesco, architetto del territorio, Andreas Kipar che se la studia in lungo e in largo, Terni, ha avuto affidato da AST il progetto di “rinaturalizzazione del parco scorie”. Tutto quello che si butta – il resto delle scorie – è come un ingombro sempre più grande in cerca di un posto dove stare. Ogni ternano, dentro di sé, coltiva un’idea. Nella hall dell’Hotel Michelangelo dove si fermano a discutere, a fare le proprie telefonate private e le riunioni riservate i manager, i professionisti della siderurgia e dell’industria pesante, tutti hanno una soluzione e una prospettiva: “La cosa migliore”, dice un avventore dal marcato accento veneto, “è quella di piombarla, la discarica di scorie, e chiuderla; una volta per sempre; dopo trecento, quattrocento anni, la discarica diventa roccia, tra le rocce…”. L’Acciaieria prende possesso nel 1884, l’anno della fondazione, della vita quotidiana e dell’immaginario di questa città sempre all’avanguardia a giudicare da una foto del 1935. Eccola, è esposta nel camminamento dei campi ricreativi del Circolo Lavoratori Terni – una struttura di AST nata intorno alla Costanzo Ciano, la palestra dove Luchino Visconti girò una memorabile scena di Morte a Venezia. In un trionfo di saggi ginnici, sullo sfondo rurale di un carro trainato dai buoi, squillano in posa i fiati di una Jazz Band, ed è evidentemente il primo segno delle future e felici edizioni di Umbria Jazz.

Città dalle tante stravaganze è Terni – la prima bottega di rivendita della cannabis legale nasce qui – ma quel che si ama e resta di Terni (dove l’ora di ogni santo mezzogiorno si regola con la sirena dell’acciaieria) è l’essere, di suo, lo snodo di tutte le modernità.

Si attraversa piazza Tacito e un plotone di ragazzi impegnati nella break-dance irrompe nello struscio proprio della provincia. Un effetto straniante, questo della danza ritmata, che si ripete al caffè dove c’è Leopoldo Di Girolamo, l’ex sindaco, funestato da venti giorni di arresti domiciliari, nel cui sguardo si legge la santa pazienza (e un po’ di reticenza) messe a dura prova. Comunista, anzi, “catto-comunista”, replica nella propria vicenda ciò che ebbe a patire il più immacolato tra i militanti del Pci ternano, Spartaco Capitali, ai tempi di Tangentopoli: arrestato. Era il tesoriere della federazione, ed era uno che prendeva il proprio stipendio per ultimo. E solo se ne restavano di soldi.

Di Girolamo, medico, un profilo degno di una pagina di Georges Simenon, protetto dal paravento nel salotto del bar, si aliena da ciò che è Terni: “Mai messo in tasca un solo euro. Sono tornato a fare il medico e quando incrocio gli sguardi della gente mi accorgo subito se sono occhi sospettosi che mi squadrano o affettuosi che mi sorridono. Una sola volta mi è capitato di essere ingiuriato. Al ristorante con mia moglie, sento un urlo dietro la nuca: ladro! Non mi volto, non reagisco. Finisce lì”.

Raffaele Federici, sociologo, raccomanda una visita al camposanto. E in effetti Terni si svela al cimitero. I cognomi meridionali sulle tombe –tutti operai – si mescolano a quelli settentrionali e a quelli stranieri degli ingegneri, dei chimici, degli amministratori. Tra le macerie delle ideologie il capitolo fondamentale è quello della lotta di classe. Terni, di suo, nella Domenica delle Palme – quando all’Acciaieria, in anticipo sulle vacanze, si celebra la messa della Santa Pasqua – spiega bene dov’è andata a completarsi la Totale Mobilmachung dell’Arbeiter.

L’occasione “sociale” vede schierati – nell’imprescindibile appuntamento per le maestranze, la dirigenza e i grandi capi che arrivano dalla Germania – i sindacalisti della Fiom. Distribuiscono volantini e uova di cioccolato: sono gli ultimi testimoni arroccati all’estremo feticcio di LeU ma gli operai di base, quelli coi turni, la tuta di Cipputi e magari anche la vecchia tessera comunista nel portafogli, hanno votato Lega e, in parte, Cinquestelle. Nessuno, pur parte dello zoccolo duro che fu, ha scelto Pd.

GIÀ FASCISTISSIMA, poi comunistissima, la città tiene fede – nel passaggio d’epoca – a una sola costante: il radicamento popolare. E ora che il sistema cede, anche la cooperativa, linfa vitale e sociale, è messa sotto accusa. Sandro Corsi, il presidente della holding più grande e invasiva, è definito “l’uomo nero”, colui che fattura la crisi e porta nelle casse della sua rete Actl – una fitta ragnatela di nove sigle che mettono becco ovunque – 22 milioni di euro all’anno. “Attenzione, la metà è frutto di appalti realizzati col privato”, avverte. Per lui (brevilineo, occhio vigile, eloquio fluente ma evasivo, l’omissis sempre in tasca e un fiuto enorme a schivare le tegole più pesanti che possono venire dal Palazzo di Giustizia) uno stipendio di 5.800 euro netti al mese. Non male, in una città che vende le sue case a mille euro al metro quadrato. Ora siamo al quartiere Maratta, in via del Flagello, accanto all’inceneritore ACEA e all’altro, ormai chiuso, ex ASM. C’è il maiale che vola, è quello della celebre copertina dei Pink Floyd. Ovviamente è un meme ma svela, nel gioco grafico, tutto ciò che resta di Terni nell’amore dei suoi sognatori. Come le ragazze di Holyfood, il bistrot di via Angeloni dove l’altra apnea, quella della noia, si dissolve. Mentre il resto è scorie.

Da: Il Fatto Quotidiano, 5 aprile 2018

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