I vecchi. Alle sette e mezza, nella scuola che si affaccia sul Colosseo e che dà le spalle a quella che fu la casa di Claudio Scajola, alias Sciaboletta, l’ex ministro dell’Interno di Berlusconi che ora ha candidato suo figlio perché così fan tutti, c’è una piccola coda di capelli bianchi e bastoni. Votano sempre per primi gli anziani, i primi a svegliarsi, e i primi – insieme ai netturbini – a scendere in strada. “Fermo, non si può più!”. Il presidente di seggio afferra la mano del signore che stava per imbucare la scheda. Manco una gioia e questa forse era l’unica per noi elettori: il gesto fisico, volersi contare e soprattutto farsi contare.
Questa volta sembra invece che il voto non conti più. “Tu che dici?” “Te devo di’ pure?”. Il colloquio si spegne prima di iniziare: due berretti, lui col manifesto sotto il braccio (cercavo il Fatto ma l’edicolante ha sbagliato, e oggi me tocca leggere er manifesto), l’altro con la busta di Conad: latte, pane, tre mele Melinda. Una signora di passaggio: “Non mi vergogno a di’ che ho votato Pd”. Sembra infatti dalla circospezione con la quale in tanti volgono lo sguardo sul simbolo del partito di Renzi alla parete, che il Pd si sia trasformato in una ridotta di viziosi e non fa chic farlo sapere in giro.Continue reading