In genere sono vigili urbani o carabinieri di complemento. Li osserviamo nei collegamenti televisivi porsi sul ciglio dell’inquadratura nella speranza che il loro capoccione entri nello schermo. La televisione è potente e il piacere di farsi riconoscere al bar dagli amici resta indiscutibile. Quando c’è Sanremo il disturbatore di turno però sale di grado e diviene il politico che ritenendo vitale la propria presenza nello show più popolare d’Italia rifiuta la legge della fisica sulla impenetrabilità dei corpi e manovra per imbucarsi.
L’ESITO – largheggiando con i sentimenti – varia spesso sui diversi caratteri della compassione. Ora noi siamo abituati a tutto da Maurizio Gasparri, perciò la sua prova canora, perfettamente stonata, a Un giorno da pecora (Radio Uno) è nella coerenza del personaggio che contrasta al famosissimo Antonio Razzi (anch’egli naturalmente presente al parallelo confronto canoro), già senatore ora solo caratterista, la palma del migliore. Nella gara, e chissà perché, entra Liberi e Uguali. Con un tweet rispondono a Fiorello che sul loro nome aveva scherzato per un nanosecondo: mi ricorda lo shampoo, liberi e belli. Lo shampoo si chiamava Libera e Bella e Grasso, se proprio, avrebbe dovuto puntualizzare. Invece è comparsa la sua faccia da preside e la scritta: si, anche belli! Se non hai la battuta pronta è meglio che fai lo snob e parli di coesione territoriale. Carlo Calenda, ministro irrequieto e snob, ha pensato di imbucarsi facendo lo snob. Quindi ha scritto su twitter che, per non fare lo snob, ha visto Sanremo, appuntamento al quale mancava dal tempo degli Spandau Ballet, perché lui mica perde tempo con i Pooh. Apriamo parentesi: questi benedetti Pooh si sono divisi e sono cascati, senza un perché, sull’Ariston come quelle bombe a grappolo, arma dai micidiali effetti collaterali, sparati da Baglioni (chi, Gentiloni?) contro il popolo in festa. Ovunque morti e feriti. Ho capito, vi state chiedendo: e Salvini cosa ha fatto? Poteva lui lasciare sgombro il campo? Continue reading