Gli invisibili che il 4 marzo non andranno a votare. Ecco alcune delle loro voci.
PAOLO ARCURI Operaio Io e mia moglie da soli: costretti a fare la valigia
Ero operaio edile fino a poco tempo fa, fino a quando l’artrite reumatoide mi ha colpito alle mani, lasciandomi disoccupato. Devo ringraziare mia moglie che da quaggiù, io vivo in Calabria, in provincia di Catanzaro, ha accettato il lavoro in Friuli, da precaria della scuola. Si è portata la figlia più grande, mentre io accudisco la piccola. Quali speranze ho? Cosa immagina per me la politica? Non c’è nessuno che si accorga di te, delle tue difficoltà. Chi governa ha perso anche in questi luoghi, anzi specialmente in questi, ogni relazione con la vita, le sue esigenze, la sua pratica quotidiana. La politica ha desertificato i paesi, umiliato il lavoro, distrutto l’ambiente. La sinistra non si unisce e si comporta come la destra, non è vicina ai cittadini, non discute più, non crede nella mutualità, nella solidarietà. E io che ho quella idea in testa, quella bandiera in testa cosa posso fare se non astenermi?
MARINELLA TEDESCHI Funzionario pubblico Non ci è rimasto neanche Davide contro Golia
Non è la prima volta che mi succede. Altre volte ho rinunciato a scegliere e a “contare”. Che verbo truffaldino! Non contiamo, questa è la verità. Non contiamo nulla. Vivo al Sud e so che il voto di preferenza era dominato dai soliti noti. Ma almeno c’era la possibilità di sfidarli, di sostenere Davide contro Golia, si poteva almeno tentare di far deviare i voti sul candidato degno. Hanno negato persino quella modestissima concessione, il potere ha scelto di esprimere brutalmente il suo dominio. E allora io non voto, non faccio finta di scegliere. Grazie, ma ho già dato.
GIOVANNI PETRONIO Disoccupato Che ingenuo, sognavo la sinistra (ma non c’è)
Provo un senso di disgusto. Un potere così aggressivo, intimamente corrotto e distante dalla società non s’era mai visto prima. Sarò un ingenuo, perciò ho fatto cose da ingenui. L’anno scorso ho preso la tessera del Pd, pentendomene subito dopo. Io credo che questo partito, per poter rinascere, abbia bisogno di perdere e tanto. Solo una debacle totale potrà imporgli la necessità di una pulizia da cima a fon- do. Il Pd deve ritrovare l’importanza del gruppo, l’idea che il noi è meglio dell’io, anzi il noi è il nemico giurato d e l l’uomo solo al comando. Mi astengo perché non so chi scegliere. I Cinquestelle hanno debolezze strutturali, si comportano come un’e n ti t à chiusa, insondabile. Berlusconi è mummificato ormai, però dà l’impressione dell’usato sicuro. Mia nonna diceva che il potere, con la Costituzione, era stato dato al popolo e che bisognasse sempre votare comunista. Quel simbolo non c’è più, io lascio.
SILVIA SCAPELLATO Imprenditrice agricola Ci vorrebbe un Churchill, noi siamo asserviti
Parto da una considerazione che ho fatto dopo aver visto il film L’ora più buia. La fierezza e la dignità di un uomo come Churchill e del popolo inglese nel rifiutare ogni tipo di accordo con Hitler. Churchill che definisce Mussolini un lacchè. Ecco. Noi italiani siamo asserviti. Ho votato di tutto, dai radicali al partito dei pensionati, alla Rete di Claudio Fava – ve la ricordate? – e pure i grillini. Mi sono dovuta ricredere anche su loro, hanno mostrato poco spessore culturale e istituzionale. Roma credo lo dimostri ampiamente. Il quadro odierno è disarmante, l’Italia sembra un Paese da chiudere. Forse perché non abbiamo avuto una Rivoluzione ma solo la Resistenza. È un Paese che abbindoli con poco e la politica l’ha capito. Non c’è un’idea, una speranza. Io non voto.
LUIGI MANNINI Web content Un cenacolo di filosofi lontano dalle persone
Sono un precario a partita Iva. Credo che la sinistra sia definitivamente tramontata e questo disastro lo vivo con un’angoscia particolare. Possibile che Liberi e Uguali dopo aver fatto tutto quel bordello contro Renzi oggi parli di una possibile apertura e di una futura alleanza di governo? La politica non è una questione di simpatia personale, di invidia e di ripicche, io l’ho sempre intesa come comune senso della vita che lega me a te e a quell’altro. Così si forma un’idea e da quell’idea nasce un popolo. Ora invece vedo che la destra è molto radicata nei quartieri popolari, la sinistra pare soltanto un cenacolo di filosofi. Avevo immaginato di dare il mio voto a Potere al popolo, ma nemmeno loro mi convincono.
IPPOLITA LUZZO Blogger È solo un mercato, per questo resistiamo
Al mio paesino i voti si comprano e si vendono. È un mercato che va avanti da anni. Davanti a questo mercato credo che una forma di ultima istanza sia il rifiuto, il non voto. Come Josè Saramago scrisse nel Saggio sulla lucidità, sento amputato un mio diritto ma avverto la necessità di reagire così: non votare è l’ultima forma di resistenza possibile.
FRANCESCO DE SIENA Violinista Soffro, ma non ho altra scelta: troppo rancore
Ho sempre votato a sinistra: dal Pci fino al Pd. L’ultima volta invece ho dato il voto ai Cinquestelle. Ma sono arrivato alla conclusione che nessuno mi rappresenta. La politica è divenuta solo rancore, nessuno pensa al domani, a quel che bisogna fare per costruire una società migliore. Soffro, ma non ho altra scelta.
LUCIA NAITANA Insegnante Noi sui banchi fino a 70 anni: ho la nausea
Perché vorrei astenermi? Sono nauseata, non ci sono riconoscimenti per chi crede nei ragazzi, lavoro a scuola con scrupolo ogni santo giorno. È un lavoro che ho scelto con passione e non possa accettare che venga vilipeso così. Andrei a votare solo per chi capisse che obbligarci a stare nelle aule fino a 70 anni è una scelta incivile, indegna. Cosa si insegna a 70 anni?
ANDREA ANZIANI Dirigente d’azienda Vado al seggio e rifiuto la scheda: mi sento meglio
Ho quasi sessant’anni, e dopo aver votato più volte per i radicali, rimanendone sempre più deluso, ho scelto ogni sigla in funzione “anti destra” e ho ugualmente sempre visto disattese le mie aspettative. Quindi da qualche tornata elettorale mi reco al seggio ma rifiuto la scheda e il 4 marzo tornerò a farlo. So che è un gesto velleitario, ma mi fa stare a posto con la mia coscienza.
Da: Il Fatto Quotidiano, 27 gennaio 2018