E torna, torna anche Raffaele Bonanni. Quasi fatta, quasi certo, quasi sicuro che l’ex segretario della Cisl oggi affermato broker assicurativo riesca a trovare una candidatura con Forza Italia nel suo Abruzzo. La foto dell’investitura lo immortala, il 20 dicembre scorso, al tavolo della presidenza della cena di gala di Forza Italia, accanto al coordinatore regionale del partito, Nazario Pagano.
È la cena di Natale, è il momento buono per fare gli auguri e riceverli. E infatti se l’anno precedente solo in 120 avevano ritenuto di aderire, questa volta, scrutata l’aria, in tanti hanno fatto festa e reso omaggio. Ben più di 450 bombastiche personalità abruzzesi, secondo il report del sempre bene informato blog Maperò, hanno riempito il salone dell’albergo che ospitava la kermesse.
CRAVATTA e giacca i signori, vestito da matrimonio per le signore. Piccole imprese, Confindustria, sindacato, notai, carrozzieri d’alto bordo, avvocati, commercialisti: tutti convenuti. E lui, Bonanni, al centro. A vedere e farsi vedere. Da allora la candidatura è splendidamente avanzata, e il galoppo è stato così impetuoso che oggi appare in dirittura d’arrivo. Il timbro finale lo siglerà il Cavaliere di Arcore. La voglia è tanta, la riconoscenza pure.
Tutto torna in Italia e il passato più di ogni altra cosa. Lui, stazza fieramente e apparentemente marsicana, in realtà nativo di Bomba, tra le montagne chietine, classe di ferro 1949, è stato il baffo d’oro Cisl, il sindacalista manager, l’amministratore delegato delle trattative e del negoziato. E infatti nel 2014 aveva salutato l’alto impiego, ricoperto tra un agio retributivo all’altezza del compito, con la più strabiliante delle buste paga: 336mila euro l’anno.
“Ma è meglio di Barack Obama!”, avevano scritto i giornali riepilogando sia la carriera sia gli scatti d’anzianità. Anzi, soprattutto gli scatti: nel 2006 partiva da un lordo di 118,186 euro mensili che anno dopo anno, e grazie a fantastiche rivalutazioni, giunse e infine sopravanzò la soglia Obama. Bonanni, assai sorpreso per lo stupore che aveva colto l’opinione pubblica e dispiaciuto per il dispiacere arrecato ai suoi predecessori (un memorabile Savino Pezzotta: “Quasi mi vergogno, il mio ultimo stipendio da segretario è stato di 3.183 euro”) scelse il ritorno in patria, dove è rinato. Non prima di aver puntualizzato che dopo 47 anni di contributi la sua pensione (lorda di 8.583 euro mensili, netta di 5.122 euro) fosse addirittura inferiore di un qualunque giornalista caporedattore.
Di fatto, un caso tra i pochi che si contano e quindi da registrare, Bonanni, grazie all’anagrafe e anche a un po’ al suo ottimo fiuto, è riuscito a dribblare quasi del tutto la riforma Dini che instaurava il regime contributivo che la legge Fornero. Questo effettivamente si chiama talento.Continue reading