Mattia Palazzi deve dimettersi perché ritiene che a Mantova, dove è sindaco, nessuno possa permettersi di fare qualcosa senza prima chiedere il suo consenso. È la privatizzazione dell’ufficio pubblico a rendere insostenibile la sua permanenza a capo dell’amministrazione comunale non un giudizio universale sulla sua moralità. Il sesso riduce a gossip una vicenda padronale, e l’inchiesta della Procura sui messaggini attraverso i quali Palazzi chiedeva alla vicepresidente dell’Associazione “Mantua me genuit” di soddisfare le sue voglie per sganciare i 2.000 euro di patronage pubblico, viene derubricata, per mera utilità politica, in una forma di devianza giudiziaria. Un effetto ottico voluto, che fa ritenere Palazzi ingiustamente accusato. Invece non sono in discussione le sue virtù private, qui è venuto alla luce l’intramontabile vizio pubblico di pretendere una dazione (sesso, soldi o altra utilità in questo caso pari sono) per concedere un diritto di cui l’eletto è custode e garante, non proprietario. Questo fa divenire insopportabile la vicenda, e ancora di più perché il protagonista è un quarantenne che promuove la nuova politica. Nuova in che senso? Non bastano i cantieri, che pure sono molti grazie anche ai finanziamenti extra (18 milioni di euro) che la sua fede renziana ha traghettato in città. Perché nel buio della coscienza ha recuperato il più antico e certo vergognoso vizio del potere: trattare il bene comune come proprietà personale; i soldi di tutti come portafoglio privato; e le scelte conseguenti: tu hai il finanziamento, tu no. Il sesso in questo caso è un elemento addirittura secondario, i messaggini hot scambiati con la vicepresidente dell’associazione, roba da ridere. Qui il vizio, la vera pornografia, è il potere esercitato in questo modo.
Joe Biden, l’amico di Putin e il disperato erotico troll
Strana questa interferenza russa per sabotare la leadership italiana democratica ed europeista e mandare al governo populismi di tutte le razze e religioni, dai Cinquestelle ai leghisti. Strano che la diplomazia statunitense, sempre super documentata sul commercio di troll paracadutati sui nostri social per boicottare il giovane Matteo Renzi, non si sia accorta che il mandante, il signor Putin, il glorioso comandante che mitraglia l’opposizione, e non sempre in senso metaforico, fino a prova del contrario ha un solo grande amico nell’Occidente: Silvio Berlusconi. Che fino a prova del contrario è stato l’unico e fedele alleato – fino a quando ha potuto – proprio di Renzi siglando con lui il patto del Nazareno che ha permesso al Pd di governare.
E fino a prova del contrario il lettone, ricordate?, è stato il prezioso e più intimo dono che il Cavaliere abbia ricevuto da un capo di Stato estero per rendere memorabili le sue magiche notti, sigillo di un’amicizia indistruttibile e che infatti non è stata mai più messa in discussione. E fino a prova del contrario Silvio Berlusconi da premier ha favorito e/o promosso i migliori affari per la Russia putiniana, dal gas in avanti. E fino a prova del contrario Putin è amico di Berlusconi ma Berlusconi è nemico dei Cinquestelle e tiene un po’ sui coglioni i leghisti populisti del falso amico Salvini. Fino a prova del contrario poi, l’unico esito che questa legge elettorale, concepita da Renzi in accordo con Berlusconi, favorirebbe concretamente – per vasta e pacifica opinione – sarebbe una grande alleanza del Pd con Forza Italia. Fino a prova del contrario, uno più uno fa due.