Guardaloo, puntalooo, non indietreggiare, non avere pauraaaa”. L’hanno cercato a Brescia il nuovo mister, un quarantenne gladiatore che al campo d’allenamento di Paduli, dodici chilometri dal centro città, sta frustando i calciatori scoraggiati del Benevento, undici sconfitte su undici incontri disputati, quattro gol all’attivo, ventinove al passivo, il peggio possibile in Serie A di tutti i tempi. Benevento è la prima città italiana a impatto zero. E se domani le cose andranno come purtroppo ci si aspetta (trasferta torinese per incontrare la Juve) saranno dodici su dodici le sconfitte, mai visto niente di simile nemmeno in Europa a meno che non si scorra l’album della storia e si scomodi nel lontanissimo 1930 la catastrofica serie negativa del Manchester United che appunto domani dovrebbe essere eguagliata.
LA CITTÀ DELLE STREGHE ha selezionato il nuovo allenatore, Roberto De Zerbi, puntando tutto sui miracoli della omeopatia. Il nuovo mister è reduce da uno spicchio di campionato svolto l’anno scorso agli ordini del patron del Palermo Zamparini, il fantasmagorico presidente mangia allenatori. Sette partite disputate, sette perdute. Licenziato. Ma a Benevento Marco Baroni, il mister predecessore, stava facendo peggio: ko in nove incontri su nove. Quindi in panchina De Zerbi, all’attivo solo sette sconfitte di seguito, che finora ha perduto nel Sannio solo altre due partite e guarda al futuro con la temerarietà del fante in trincea: “Più che alla Juve dobbiamo pensare alla gara successiva, quella col Sassuolo. È lì che ci giochiamo la dignità. Perché se servo rimango, altrimenti vado via”.
Il fatto è che lo sconforto sta prendendo la città intera, e qualche segno di nervosismo è manifesto. Il questore ha appena notificato un Daspo, il divieto di entrare allo stadio, al consigliere comunale (di maggioranza) Mimmo Franzese che nell’ultimo match con la Lazio (perso per 5 a 1) ha infierito con particolare violenza su un’auto di supporters laziali. Al capezzale del malato grave tutti si fanno medici. La deputata Nunzia De Girolamo voleva provare già in estate a completare la rosa con qualche innesto di Forza Italia: “Insomma qualche relazione poteva divenire fruttuosa per la campagna acquisti. Mi sono messa a disposizione e ho fatto il mio dovere di parlamentare del territorio”. Il patron del Benevento, Oreste Vigorito, ha deciso di fare di testa sua, come sempre: “La città non ha di che scoraggiarsi perché non è che abbia fatto salti di gioia quando siamo stati promossi. È stata molto misurata, dall’entusiasmo controllato. Continui così, che al Benevento ci penso io”. Vigorito, petroliere del vento (ha conficcato pale eoliche ovunque nel Sud, ha avuto guai con la giustizia, è stato trascinato in carcere nel 2009 e oggi attende ancora il verdetto di primo grado) ha il denaro che necessita. “Mi chiede perché lo spenda nel calcio? Perché grazie al mio lavoro ora posso permettermi di comprare anche un’emozione, una gioia. Non tolgo soldi all’azienda, che viene prima di ogni altra cosa, e non riduco il benessere della famiglia, che ha case e ville al mare. Spendere i soldi dove ti porta la passione è il più bel regalo che un uomo possa consentirsi. Vedo che con me, prima di ogni altra cosa, i giornali parlano della mia impresa e delle mie disavventure giudiziarie. Non succede con gli altri colleghi presidenti, è un riguardo che fate solo al sottoscritto. Vi ringrazio sentitamente”.
Spigoloso di carattere, accentratore, Vigorito è però generoso con la città. Che aiuta senza farsi precedere dalle fanfare. E la città? “È come la cipolla, per conoscerla devi togliere la prima sfoglia, togliere la seconda e poi arrivare al cuore. Nasconde i suoi peccati, all’apparenza sembra bella… Profumata fuori, sporca dentro. Dominata dalla massoneria, è divenuta il luogo del lavaggio dei soldi di dubbia provenienza. Ha più filiali di banche e sedi di compro oro che farmacie. L’autostrada fa un giro largo pur di non passare da Benevento e lasciarla tranquilla. E pensare che quei fessi di romani avevano costruito l’Appia ritenendo che dal Tirreno si possa raggiungere l’Adriatico attraverso la via più veloce e dritta”, dice tuonando don Nicola De Blasio, direttore della Caritas e tifoso sfegatato. L’anima infedele dei beneventani la scopre anche allo stadio: “I nostri passeggiano invece di correre, propongono tackle così delicati che sembrano carezze d’amore. Si tengono freschi per la Serie B”.
BENEVENTO soffre del complesso dell’incompiuta, è infelice per sua natura. “Si sente sempre messa da parte”, annota Gabriele Corona che col suo sito online L’Altra Benevento sferza e accusa una città bella ma indolente, vogliosa di sussidi più che di talenti. Il merito vada a farsi friggere, conta il metodo. Che è il solito: do ut des. “Ho il bilancio in dissesto”, comunica l’ex monarca di Ceppalonia, il regno dove ha edificato il suo potere democristiano e l’ha reso rigoglioso finanziando da Roma opere e omissioni sannite. Clemente Mastella, che ha fatto di tutto in politica, nella sua terza età copre il ruolo di sindaco del capoluogo (dopo essere stato sindaco di Ceppaloni, plurideputato e ministro), come quei giocatori che hanno lottato nella massima serie e a fine carriera svernano tra i dilettanti. “Non ho un euro, mi faccio aiutare dagli amici, per esempio Della Valle mi ha finanziato l’illuminazione dell’obelisco. Al Benevento vogliamo un gran bene, e anche in questo periodo di magra gli restiamo accanto affettuosi come sempre”. Il calcio è in bolletta e la città ha il portafogli vuoto. Crisi industriali a ripetizione, l’ultima è quella del pastificio Rummo, ora in concordato preventivo. La sua buona pasta, e i macchinari e l’intero stabilimento, vennero inondati dall’alluvione di due anni fa anche perché la fabbrica – seguendo le pratiche secolari dell’indifferenza – è stata edificata su un terreno ad alto rischio di esondazioni. “SaveRummo” fu la campagna di aiuto. Andò benissimo ma non è bastato. Rummo in crisi tanto che lo sponsor della squadra di calcio è la perfida concorrente “la Molisana”.
LA PASTA RESTA buonissima e la produzione non ha battute di arresto nella città dal palato fine. Però i suoi scolari non mangiano. In classe ancora a pancia vuota perché a Benevento la mensa scolastica è divenuta un affare della Procura. Due anni fa, scoprirono che il menu era condito da vermiciattoli e profumato con una punta di zolfo. Allarme, inchiesta, perquisizioni e scandali. Poi però la pigrizia ha preso il sopravvento e Benevento, sonnacchiosa com’è, ha pensato di mettere a dieta i suoi figlioli. Mens sana in corpore sano. Dopo tutto, c’è sempre la cena.
Da: Il Fatto Quotidiano, 4 novembre 2017