Non esistono solo Renzi o Berlusconi o Grillo. In Parlamento in tanti vogliono cambiare l’Italia e purtroppo non hanno un filo di visibilità, giacciono all’ombra dei leader. Per dire, conoscete mica Andrea Causin? “Ho 45 anni e vivo a Martellago. Ho una trattoria per camionisti proprio allo svincolo autostradale e sono socio di una impresa di servizi. Poi, per passione, faccio il deputato”.
Causin, diciamola tutta, lei si schermisce perché il suo stile è improntato alla sobrietà. Però la notizia è un’altra.
Facevo bene allora a non risponderle. In genere non parlo coi giornalisti perché scrivono quel che vogliono, ti rubano il pensiero, te lo ciancicano, te lo stropicciano e tu ne esci come un coglione.
Si è appena iscritto a Forza Italia, la ricandidatura è sicura…
Sono stato due ore e mezza da Silvio Berlusconi e ho visto un uomo sinceramente preoccupato per lo stato delle periferie in Italia.
Non c’è solo Trump. Finalmente un altro ricco che pensa ai poveri.
L’ho trovato sul pezzo, volitivo, generoso. E io che ho presieduto la commissione periferie mi sono sentito garantito dal suo impegno.
Vogliamo dire che c’è anche dell’altro? Lo dice lei o lo scrivo io?
Certo, mi muovo nel solco della tradizione del Partito popolare europeo. Cambio partito per restare fedele al principio.
E pensare che Veltroni la volle nella segreteria nazionale del Pd.
Ma poi venne Bersani che socialisteggiava. Ho letto Che Guevara, Trotsky, il socialismo non fa per me.
Scelse di fare un passaggio con Montezemolo per dare nuova linfa all’Italia.
Soprattutto con Mario Monti, con Scelta civica.
Ma poi Monti se ne andò e venne Zanetti.
E mi portò nelle braccia dei liberali europei. Io resto testardamente popolare.
E andò con l’Udc.
Mi sono iscritto al gruppo ma come battitore libero, nessuna adesione ideologica.
Infatti l’approdo con Forza Italia.
Per via delle periferie.
Per via del Partito popolare, abbiamo detto.
Rompete sempre i coglioni con chi cambia partito e mai con chi ruba.
Lei è pragmatico e valuta il fine non il mezzo. I partiti passano, Causin resta.
Un tizio, un vero coglionazzo che grazie a me è divenuto assessore comunale viene e mi dice: sai, la tua scelta di aderire a Forza Italia non è comprensibile. Ma come, coglione, vieni a parlarmi tu di trasformismo e lo vieni a dire a me, a me che dovresti ringraziare? Perciò io non commento, non leggo, non bado a queste cose. Chissà come le ho risposto. Stavo mettendo a posto il vino in cantina e mi sono detto: chi sarà mai? Un errore, ero distratto.
Come Renzi, come Berlusconi e Grillo anche Causin vuole cambiare l’Italia.
Guardi che ho ben due lavori, con mia moglie la trattoria per camionisti. Poi la società di servizi.
Da lei si mangia benissimo.
Non è un posto fighetto, ma cuciniamo un baccalà spettacolare. Svincolo di Martellago. Inizio passante di Mestre.
La politica è importante, ma gli affari anche di più.
Io investo nelle mie attività principali. La società di servizi e la trattoria.
In politica quanto ha investito?
Poco. Mi pare 35mila euro la prima volta, elezione al consiglio regionale. 50mila la seconda.
Il popolarismo europeo, quella è la sua fissa.
Se ci riesco.
Con Berlusconi le chances aumentano.
Però le coglionate che si dicono su chi cambia partito sono insopportabili. Ero fortissimo nel Pd, ero in segreteria nazionale, eppure sono andato via.
Si cambia per restare fedeli all’idea.
E per cosa sennò?
Da: Il Fatto Quotidiano, 1° agosto 2017