Cos’è un bosco?
Il bosco è una farmacia per il tuo cuore, è il luogo in cui la mente trova riparo, è il sentiero della vita. Io conosco i boschi, li guardo, li incontro, indago, ascolto gli alberi, li abbraccio. Il bosco è la nostra salvezza e il nostro rifugio. Temo che gli italiani non sappiano nulla di cos’è la vita. E dunque nulla di cosa sia un bosco.
Mauro Corona è un noto montanaro, abita lungo una delle pareti di roccia che chiudono la vista ai cittadini bellunesi. Guarda con particolare scoramento ai roghi d’Italia. I roghi – se riflettiamo – sono il sintomo di una malattia che abbiamo: quella di non sentire più responsabilità verso il futuro, di non sentire proprio il futuro. Il fuoco che arde e mangia l’Italia ha origini dolose. E nel dettaglio del dolo c’è l’anima della nostra mediocrità: si appicca l’incendio e che succede? Niente. Guardiamo inebetiti, osserviamo distratti. La gente ha il morbo del “qui e ora”, non pensa al domani, ma soltanto all’oggi che fugge via.
Quanti italiani conoscono un bosco?
Ecco, quanti? E io aggiungo: quanti conoscono un albero? Certo che i romani ci passano accanto, anche i milanesi. Ma li guardano? Li osservano? È un fuggi fuggi quotidiano, la precarietà porta velocità, la velocità porta mediocrità. La mediocrità assolve il rogo, non sente il peso di una strage bella e buona, di un danno che si fa all’umanità, di un reato orribile, gravissimo.
Come se avessimo premura di togliere ogni linfa naturale alla nostra vita.
Il bosco che si annerisce, il fiume senz’acqua, il costone di montagna cariato da una frana. Sono gli elementi naturali che si precarizzano, come precarizzata è la nostra vita.
L’Italia si sta perdendo, scrive Galli della Loggia.
Ha ragione. Non pensa al suo futuro perché non lo vede, è ridotta a uno stile di vita ridicolo. Non sanno neanche cos’è la neve. Gli piace la neve vip di Cortina, si azzuffano per traghettare un po’ di ghiaccio da Courmayeur. Ma non sanno cos’è la neve, cos’è un paesaggio.
Cos’è una veduta? Eppure il paesaggio è tutelato finanche dalla Costituzione, all’articolo 9.
I nostri avi erano avveduti, conoscevano che prima di Dio, più potente di Dio, è la terra. Perciò forme sviluppate di democrazia, di sano equilibrio, di rispetto della natura e della propria identità si ritrovano nelle campagne. Paesini guidati da amministratori saggi. È la nazione che è dominata da gente inqualificabile, senza arte né parte, senza coraggio, senza un disegno, senza un futuro. Stanno lì e non sanno cosa fare.
L’Italia potrebbe vivere di rendita.
Solo che lo volesse, perché ha di che vendere al mondo. Non c’è punto dello Stivale che non sia una forza attrattiva straordinaria. Avremmo di che star bene, di come mangiare. Basterebbe che riconoscessimo l’Italia, la sua bellezza. Ma il punto, io penso, resta quello della mediocrità: non sentiamo più come una necessità di guardare al futuro. Non ci frega più del futuro. La vita di ciascuno si consuma in un giorno, e quindi chissenefrega! Che bruci tutto, tanto un bosco chi l’ha mai visto? È roba da montanari. E poi gli alberi. Ma va là! Col cemento è tutto più scintillante e pulito. Vuoi mettere l’alluminio anodizzato?
Così è sconfortante.
C’è da essere sconfortati. Passo e chiudo.
Da: Il Fatto Quotidiano, 15 luglio 2017