All’indomani del sondaggio esclusivo pubblicato dal Fatto sulla lista unica di sinistra (una delle tabelle la vedete qui accanto), abbiamo chiesto un parere al sociologo Luca Ricolfi, che insegna Analisi dei dati all’Università di Torino e ha scritto da poco il saggio Sinistra e popolo.
Chi pensa che sia finita la sinistra ritiene anche che sia scomparso il suo popolo?
Non sono nella testa di chi pensa che sia finita la sinistra, per quanto mi riguarda penso che quello che40 anni fa era il popolo della sinistra si sia un po’ assottigliato, abbia notevolmente migliorato la propria condizione economico- sociale, ma non per questo sia interamente scomparso.
I sondaggi rilevano invece una significativa consistenza elettorale di una forza progressista, oltre il Pd. È questa la richiesta di volti nuovi o di idee nuove, di parole nuove, di comportamenti più autenticamente vicini a chi si vorrebbe rappresentare?
Tutte queste domande, peraltro molto generiche e spesso pre-politiche, indubbiamente ci sono, è l’offerta che latita.
Come spiega che tra i nomi sondati Pier Luigi Bersani attragga più di Giuliano Pisapia? Sembra confermarsi la teoria dell’usato sicuro.
Veramente non mi pare vi sia nulla da spiegare. Perché mai Pisapia dovrebbe attirare più voti di Bersani? Dopotutto il diritto di voto ce l’hanno tutti, non solo la borghesia illuminata o i “ceti medi riflessivi” (copyright Paul Ginsborg).
Lei cosa chiederebbe alla sinistra? Precedenza agli uomini nuovi o a nuove parole d’ordine, nuovi progetti, una idea praticabile, possibile, di uscire dalla crisi.
Io non credo che la cultura di sinistra, almeno in Italia, sia ormai più in grado di esprimere un’offerta politica utile al Paese, trovo perciò vano chiedere qualcosa a chi non può dare. Comunque, se proprio vogliamo fare questo esercizio, io chiederei due cose: un’idea plausibile per far ripartire il Pil e creare occupazione, e un’attenzione ai veri ultimi, che non sono certo i ceti beneficati da Renzi, ma semmai i 4-5 milioni di poveri che la crisi ci ha lasciato in eredità. È incredibile, ma le uniche proposte in campo per estirpare la povertà, ossia il reddito minimo e l’imposta negativa, non vengono dal Pd ma da Grillo e Berlusconi.
Ha un nome, oltre quelli che ha letto, da proporre per unire questo arcipelago così frastagliato e fragile?
Se lei intende un nome che porti voti, e magari possa ricucire con il Pd, vedo solo Bianca Berlinguer. Se lei intende una persona che sia capace di fondare una sinistra moderna, in grado di raccogliere l’eredità della sinistra storica, non vedo proprio nessuno. O meglio, trovo che le poche idee di sinistra che circolano in Italia siano altrove, ad esempio fra i Cinque Stelle e in diversi politici etichettati come di destra, o comunque non di sinistra.
Il mondo è senza leadership e l’Europa è costretta ancora ad aggrapparsi alla Merkel. Senza traino ideale tutto diviene più complicato…
Mah, più che gli ideali mi pare manchino le idee, soprattutto quelle per creare occupazione e gestire criminalità e immigrazione, le uniche due cose che stanno veramente a cuore ai ceti popolari.
La moralità pubblica è una grande questione civile. Ma il tema della reputazione in politica appare secondario. Quanto costa alla sinistra avere una cattiva reputazione?
Costa il tripolarismo: se il ceto politico del Pd fosse colto ed integerrimo, come fino agli anni 70 lo era stato buona parte di quello del Pci, Grillo sarebbe al 10%. E lo scontro politico sarebbe ancora fra destra e sinistra.
Il renzismo è già il passato secondo lei? Quale futuro attende il Pd?
Sì, a me il renzismo sembra passato. Quando si paragona Renzi a Berlusconi si dimentica sempre l’unica, vera, cruciale differenza fra i due: Berlusconi è dotato di un’invidiabile capacità di resurrezione, Renzi no. Quanto al Pd penso che sopravviverà, non grazie a Renzi, bensì nonostante Renzi. Bisogna sempre considerare che l’elettorato di sinistra è molto gregario, pensate alla conversione istantanea dalla venerazione di Bersani a quella di Renzi: un partitone che si autodefinisce di sinistra un 20-25 per cento dell’elettorato dovrebbe riuscire ad attirarlo ancora a lungo, quali che siano i leader che lo guideranno.
Quanti voti una sinistra credibile potrebbe rosicchiare ai Cinquestelle?
Ma che cos’è una “sinistra credibile”? Io vedo all’orizzonte una sinistra “creduta”, più che una sinistra credibile. Per sinistra creduta intendo una sinistra radicaleggiante, cui una parte dell’elettorato si affiderebbe ciecamente, salvo trovarsi – dopo il voto – nella posizione di Charlie Brown, cui Lucy, per l’ennesima volta, sottrae la palla prima che lui possa calciarla. Ma li avete guardati bene i dati del vostro sondaggio? Nella cosiddetta “lista unica alla sinistra del Pd” sono sottorappresentate le donne e soprattutto i ceti popolari, come si vede dai titoli di studio di chi si prepara a votarla: pochissime licenze elementari e medie, tantissime lauree. La sinistra radicale attira inesorabilmente quelli che noi sociologi chiamiamo gli strati “centrali” del sistema sociale e respinge gli strati “periferici”. Quanto ai voti rosicchiabili dipenderà più da Renzi che dal fascino del leader che si porrà alla testa della “sinistra-sinistra”: se l’ex presidente del Consiglio continuerà a flirtare con Berlusconi, una forza politica unita alla sinistra del Pd potrebbe veleggiare intorno al 10%, rubando voti sia al Pd che ai Cinque Stelle.
E lei vede possibilità di una intesa di governo tra questi due movimenti?
Sì, ma penso che raccoglieranno un po’ meno voti di quelli necessari a costituire una maggioranza autosufficiente.
La crisi economica in genere avvantaggia la destra. Ma in Europa le destre non sembrano avere fortuna, e in Italia sono consegnate al volto eterno e declinante di Silvio Berlusconi. Che Paese è un Paese che deve ancora bussare alla porta di Berlusconi?
È l’Italia, bellezza!
Da: Il Fatto Quotidiano, 9 giugno 2017