Quella che segue è la confessione di un padre, da sempre impegnato per la legalità, che s’accorge del legame sentimentale di sua figlia col figlio del boss del paese. Lo sfogo è stato raccolto dopo aver verificato l’intenzione del protagonista di rendere pubblica la sua vicenda. I nomi sono di fantasia per evidenti ragioni di riservatezza.
Era il 3 agosto del 2015 quando finalmente capisco che mia figlia, vent’anni e bellissima come sono tutte le figlie, capace, impegnata, piena di interessi, sta insieme al pargolo di uno dei boss della cosca più potente del mio paese. I giudici la chiamano la quarta mafia ed è quella che sequestra ogni speranza nel Tavoliere delle Puglie.
Meno nobile delle altre tre, ha caratteristiche rurali, certo non stragista come le altre per quanto gli omicidi non siano una rarità, ma non meno violenta e soprattutto pingue. Tiene sotto scacco un’economia agricola altrimenti florida, estorce ogni filo di ricchezza e provvede, da monopolista del mercato dell’orto – frutta, allo smercio delle braccia e dei prodotti. Non c’è ortaggio che non passi per le sue mani e non c’è grano né farina a cui non sovraintenda. Li ho sempre odiati questi mafiosi e ho odiato il mio paese, vile al punto di soggiacere alle pretese più vergognose. Ho sempre saputo di essere mosca bianca, ma non credevo possibile che fosse così grande il fronte di chi soggiace, comprende, subisce oppure – purtroppo – aderisce. Ho odiato il mio partito – era il Pds – che credevo lottasse contro costoro e invece cincischiava soltanto; ho odiato il sindacato corrotto nel midollo della sua cultura da questo modello di fabbrica. Mi ero illuso al fiorire della stagione di Mani Pulite che la sovversione potesse raggiungerci, che il bene in qualche modo avesse la rivincita sul male. Dieci anni di battaglie, alla fine delle quali ho preso atto che non c’è speranza possibile. Il massimo risultato ottenibile è la coesistenza. Il boss fa i fatti suoi, tu i tuoi. Lui spadroneggia tu ti difendi magari con buone letture, con la musica. Pensi ad altro, ti distrai.
QUESTO FINO a quando la sera del 3 agosto di due anni fa il boss mi è entrato in casa con la voce e il volto del figlio: un ragazzino nullatenente, nullafacente, frequentatore di videopoker, forse, ma non sono certo, anche scassinatore. Allora aveva 18 anni, due in meno di Valentina. Un amico mi ha appena detto che in paese corre voce… Continue reading