I leghisti, soprattutto anziani, sembrano avere le gambe perse nella stanchezza per il viaggio fatto fino a Verona, dove si tiene il raduno, e i poliziotti – forse perché ancora impegnati nella ricerca di Igor nelle campagne padane – sono in una forza modesta e piuttosto apatica. Risultato: il tipo sospetto se la dà a gambe e la giovane militante retrocede piuttosto immalinconita.
LA GIORNATA della difesa sempre legittima, o anche delle mille pistole, è stata un successo. Il palazzetto veronese gremito in ogni ordine di posti. “Con Bossi si era una famiglia, con Matteo si è un partito”, dice Roberto della sezione di Barlassina, vicino Monza. Lui, Giulio e Francesco sono tre seniores padani, hanno conosciuto il primo e il secondo tempo leghista. “Questo qui è molto meglio, dai. Siamo al 12 per cento mentre con Bossi eravamo al tre”.
Da Pontida a Pantelleria, “tutti uniti i popoli d’Italia”, dice Salvini oggi in camicia celeste, senza maglietta da hooligan. Però l’ancien régime, rappresentato dai governatori di Lombardia e Veneto, ha intonato a sorpresa le vecchie strofe bossiane. “Il popolo lombardo-veneto sarà chiamato alle urne il prossimo 22 ottobre per l’autonomia”, ha gridato Bobo Maroni, oggi in versione hard. “Andate casa per casa, tra 180 giorni c’è la nostra liberazione”, ha chiesto Luca Zaia. Per non farsi sopraffare, Maroni ha aggiunto di suo: “I soldi del nord al nord, i soldi dei lombardi ai lombardi”.
L’applauso c’è stato e pure un momento di dubbio: siamo per il nord o per tutta l’Italia? “Io son marchigiana per esempio”, spiega la signora Laura riflettendo sull’ipotesi che le Marche possano essere assoggettate al regime aureo padano o piuttosto costrette e confinate nel solito declinante e clientelare sistema italico. Ci ha pensato, come detto, Salvini a mettere ordine e garantire a “tutti i popoli d’Italia” la medesima libertà del lombardo-veneto. Autonomia per tutti, soldi per tutti. Il livello degli applausi che durante le testimonianze di tre eroi leghisti, i resistenti all’oltraggio per furto, è stato elevatissimo, ha avuto un breve cedimento quando il leader ha spiegato che sud e nord fa lo stesso, sono tutti figli di Maria.
Gianfranco per esempio, artigiano sul lago di Garda, perplesso sulla capacità di convincere i meridionali: “Fossi uno di loro mi incazzerei molto con la Lega perché li abbiamo trattati male. Ma vent’anni fa era un’altra storia e noi ci sentivamo accerchiati da bidelli e insegnanti del sud”. E ora? “Ma figurati, ho una piccola azienda e i miei rappresentanti di Napoli e di Bari sono validissimi”.
Validissimi come fortissima è Marine Le Pen il cui nome è stato immediatamente trasferito sulle magliette delle ancelle che fanno da cornice al leader: Salvini-Le Pen. Il duo vince, è forte. Issati cartelli di un blu americanizzante, stile Old Party, con la dicitura Salvini premier. “Siamo populisti? È questo il problemaaaa?” domanda Matteo ai fedeli. “Siamo nazionalisti perché vogliamo che si mangi la pasta italiana, si beva (sic!) l’olio italiano?”. Nazionalisti, sovranisti, contro gli immigrati, a maggior ragione se sono anche ladri. “Vi leggo questa intercettazione tra due ladri rumeni”, annuncia tra la folla in visibilio l’avvocato Giulia Bongiorno, cooptata per dare lustro alla campagna per la pistola libera. I dialoghi fra i due sono effettivamente spettacolari. I leghisti, come bufali attaccati dal leone, ondeggiano per la rabbia. “Ma quale premio, nessun premio deve esistere nel codice penale. Se li premiamo escono prima dal carcere e poi ce li ritroviamo di nuovo a delinquere e invece di un processo ne facciamo due. La legittima difesa è sacrosanta e io alla mia bimba, per far capire che la vita non è tutta rosa e fiori, leggo le favole alla rovescia”. Cioè come avvocato? “Il lupo è meno cattivo di quel che sembra e Cappuccetto rosso non è l’anima candida di cui si dice”.
NELLA CITTÀ di Giulietta e Romeo, dove Flavio Tosi, sindaco uscente, ha immaginato che la propria fidanzata, la senatrice Patrizia Bisinella, possa essere il sindaco entrante, Salvini, che ha accettato di sostenere il candidato di tutto il centrodestra (Gabriele Sboarina), non riserva neanche un cenno d’attenzione verso Silvio Berlusconi. Come se non esistesse. I competitori sono altri: “I cinquestelle? Affidabilità zero. Sull’immigrazione per esempio hanno votato insieme al Pd. E poi saranno pure onesti ma sono tanto incompetenti”. Poi il finale, baci e abbracci. Matteo, un selfie ti prego…
da: Il Fatto Quotidiano, 26 aprile 2017