A Genova qualche giorno fa un cinghiale è riuscito a tuffarsi a mare e dopo qualche bracciata ha fatto ritorno tra i suoi monti. L’animale, finora coccolato soprattutto dai cacciatori che lo impallinano e poi lo gustano a tavola, non è nuovo a fughe in avanti. Negli ultimi tempi ha però fatto irruzione nelle nostre periferie con insolita frequenza producendo, come effetto collaterale, una nuova nevrosi da ingombro animale.
Daini, lepri, volpi, caprioli, naturalmente cinghiali, qualche lupo, anche qualche cervo. Gli avvistamenti si susseguono e con loro una nuova tipologia di stato d’ansia. Vuoi vedere che? Andrea Marsan, zoologo genovese e studioso appassionato di questo quadrupede, è il più titolato ad avanzare un’analisi logica della questione.
“Il cinghiale è un onnivoro. È un ghiottissimo fruitore della nostra ricchezza infinita che esonda nei rifiuti e fotografa la cultura della società dei consumi. Viene in città perché la campagna è spopolata e abbandonata, giunge da noi perché trova cibo. Se usassimo maggiore accortezza nella gestione dell’immondizia e nella relazione tra città e campagna la questione non si porrebbe”.
Il cinghiale è bello grosso.
Se s’incazza, perché teme un pericolo, ci fa anche male. Anche se nella scala del pericolo io metterei prima gabbiani e cornacchie. Sono veramente cattivi quelli.
Cinghiali a Roma, cinghiali a Genova.
Stupore, eh? Non c’è nulla di cui stupirsi invece. Il cinghiale si avvista in città come Genova ma anche a Barcellona e Berlino dove c’è continuità tra bosco e periferia. Dove non c’è rottura è più naturale che l’animale che ha fame, come un letto di fiume in piena, straripi un p o’. Succede sempre più spesso, ma è un fenomeno che vive soprattutto in primavera quando le campagne hanno terminato di offrire loro ghiande e castagne.
Fino a ieri il lupo lo teneva a bada.
L’equilibrio della natura è formidabile e il lupo provvedeva alla selezione naturale.
Quanti ne beccava a settimana?
Non saprei dirle con certezza. Il lupo predilige i cinghiali baby, o azzanna quelli adulti ma feriti o ancora si fa lupo quando la preda è in vecchiaia avanzata, deboluccia e arrendevole. Il lupo deve misurare le proprie forze e sa che un conflitto con un cinghiale in armi, giovane e robusto, lo vedrebbe sconfitto.
Abbiamo ripopolato troppo? Siamo stati permissivi?
Beh, in qualche caso siamo stati distratti e non abbiamo calcolato la prolificità di questo animale che riesce a triplicarsi in una sola annata. Ma più che contenere le nascite, e quindi dar luogo all’eliminazione per via cruenta, bisogna avere fiducia e lasciar fare alla natura. L’equilibrio naturale della selezione è la via maestra. Considerare poi che le campagne incolte producono, come effetto collaterale, questa mini invasione e capire che lo spopolamento produce enormi questioni, vitali per la società del benessere. Ricordi che l’uomo ha impiegato dodicimila anni per rendere domestico l’animale più aggressivo. Dal lupo è nato il cane; dal cinghiale il maiale.
Chi sono i più intelligenti?
I carnivori. Hanno l’obbligo di allenare la mente, di trovare il modo per sopravvivere, di tutelare il proprio patrimonio genetico. Gli erbivori, tipo il daino, il capriolo, sono più duri di zucca. La volpe invece davvero non la freghi. Se gli tendi una trappola e lei ci casca, stai sicuro che non ci sarà una collega che farà il bis.
Serve poco per riportarli tra i monti?
Serve un po’ di pulizia. A Genova è stata chiusa una discarica e i gabbiani si sono ridotti della metà. Se il cibo non cola in strada, se i cassonetti sono a prova di cinghiale, abbastanza robusti da difendersi dalle musate dell’animale, tutto si ricompone in poco tempo e ogni cosa ritorna nell’ambito naturale.
Il lupo cercherà pecorelle.
Le volpi le galline.
E il cinghiale?
Sceglierà la dieta vegetariana: ghiande e castagne a volontà.
Da: Il Fatto Quotidiano, 8 aprile 2017