Addio croupier. Anche il tavolo verde finisce nello scantinato del Novecento e il Casinò, simbolo della belle époque, slargo capitalista, recinto nel quale era permesso ai ricchi di consumare i soldi attraverso altri soldi, bruciarli vivi sotto la sorveglianza ineffabile, compassionevole o comprensiva del croupier, declina verso una fine attesa e purtroppo giunta. Dei quattro Casinò funzionanti in Italia, non a caso posti agli estremi geografici del settentrione (Sanremo, Saint Vincent, Campione e Venezia) quello valdostano è messo peggio.
Lorenzo Sommo, lei è l’amministratore delegato.
Sono stato chiamato un anno e mezzo fa quando la crisi era già avanzata.
Organico appesantito dalle amicizie, e sempre meno ricconi – veri o presunti – a sedersi al tavolo.
Il nostro bilancio oggi è di 64 milioni di euro. E il 70 per cento è assorbito dagli stipendi. Una cifra troppo elevata. Dobbiamo scendere da questo tetto e pure di corsa.
In dieci anni il cash si è dimezzato: negli anni d’oro Saint Vincent faceva 125 milioni. E lei ha dovuto firmare la lettera per 264 licenziamenti. Tanti se si tiene conto che i dipendenti sono 648.
Faccio l’avvocato, e sono qui per tentare di tenere i conti in ordine.
L’hanno chiamata quando il tavolo verde è rimasto al verde.
Subiamo la crisi del gioco online, la forza immateriale e violenta delle macchinette.
Nel Paese della ludopatia a chiudere sono i Casinò. Oggi si gioca in casa, si perde in casa, si piange da soli. Tutto online, e anche il vizio si smaterializza.
Si dice sempre della robotica che rimpiazza. Nel gioco il mondo nuovo è già arrivato. Tutti a comprare slot machine. L’investimento iniziale è salato, poi però i soldi che si ricavano garantiscono il sacrificio iniziale e lo compensano. Ne compri cinquanta e ti basta una sola persona a gestirli.
È l’età della solitudine. Al poker i gomiti si toccavano. I pokeristi sono stati una classe sociale. Resteranno i film a ricordarceli.
Internet cambia il mondo e noi ce ne stiamo accorgendo per primi. Dalle slot ricaviamo il 75 per cento degli introiti da gioco. Solo un quarto si fattura sui tavoli, dove c’è organizzazione, struttura e lavoro. Dove si esplica principalmente la qualità del croupier.
Una professione allettante fino a dieci anni fa.
Economicamente piuttosto considerata.
Quanto guadagna in media un bravo croupier?
Sui 4.000 euro mensili. È un lavoro di alta specializzazione. Ma qui da anni non si assume più, l’età del croupier volge al termine.
In Valle d’Aosta i tempi sono cupi. Scandalo e arresti, la politica messa sotto inchiesta, persino il procuratore finito in gattabuia, le connessioni clientelari che hanno riempito le tasche a una tribù. L’oro è finito e anche voi, produttori seriali di soldi, siete nei guai.
Parlo del Casinò, d’altro non mi occupo. E se devo dirla tutta, il Casinò è il luogo più controllato: si entra esibendo la carta d’identità. Ogni euro è fatturato, se proprio vogliamo dire…
A Saint Vincent entrano tutti quelli che hanno i soldi ma non i valdostani. È come fosse un luogo eletto della perdizione, oppure il tempio dove si raccolgono soldi magari guadagnati troppo allegramente. Ma solo degli stranieri. Buffo, no?
Immagino che il divieto per i valdostani di venire a giocare sia giustificato con il fatto che la Valle, essendo piccola, avrebbe provocato imbarazzi. Si conoscono tutti: e se il croupier è amico del giocatore…
Pure il casinò piange.
Guardi che non è solo Saint Vincent a passare brutti momenti. Sono tutti a vedersela male. Persino a Macao, e dico Macao che è la capitale.
Si gioca al bar, ai tabacchi.
Si gioca online.
Si sfracellano i poveri sulle carte del poker da slot. Pensavo che i ricchi non desistessero. Lei riconosce i volti delle persone da Casinò? Quando li vede nei paraggi capisce che…
Ma per carità, io vivo ad Aosta. Mai messo piede lì dentro. E neanche potrei, visto il divieto per i residenti.
Da: Il Fatto quotidiano, 11 marzo 2017