Negli anni 80, quelli della Milano da bere, nella classe politica iniziò a farsi largo il bisogno di personalizzare la leadership. E fu Bettino Craxi il tenore di quello spettacolo. Dieci anni ancora o poco più e nasce, dentro i vincoli di bilancio di una grande azienda televisiva multinazionale, l’idea del partito personale. Il simbolo è l’azienda, l’etica si fa business, il padrone diviene premier. Ora siamo al partito famiglia, terzo gradino dell’inarrestabile declino della classe dirigente. È Francesco Barbagallo, storico illuminato e analista spigoloso delle devianze sociali, a teorizzare con il “partito famiglia” lo slittamento democratico verso le frontiere sudamericane.
“La politica perde ogni capacità di esprimere il suo talento. E all’arte di governare si sostituisce l’arte della messa in scena, il cosiddetto storytelling. Degradando così la funzione e il senso, non godendo più di una rete di protezione sociale giacché le passioni sono annientate e la distanza con la società si è fatta siderale, il mantenimento del potere è organizzato secondo lo schema rigido del clan, cioè della famiglia stretta. Il potere si consolida e si difende condividendolo con fratelli e sorelle, papà e figli. Così ha sempre fatto la ’ndrangheta, per esempio”.
Lei ne ha scritto iniziando dalla figura di De Magistris.
Nel Sud la cosa è spettacolare. De Magistris delega a suo fratello la costruzione del movimento. Del resto ha l’ardire di paragonarsi a Che Guevara. E ho detto tutto. Il fenomeno del narcisismo è così grave che incombe dovunque. Era una patologia curabile, poi le assicurazioni americane per non tirare fuori i quattrini hanno cassato dal prontuario questa malattia. Il narcisismo fa danni enormi alla democrazia.
Poi ha parlato del governatore campano De Luca.
Un altro niente male: vuole un figlio sindaco e un altro deputato. E la cosa pazzesca è che sembra gli riesca questa filiazione ereditaria. È politica o famiglia ? Propenderei per la seconda ipotesi.
Al Sud da padre in figlio, al Nord da figlio a padre.
Lì la linea del potere discendente si spezza. Troviamo il figlio che è più potente del papà.
Ecco il babbo di Renzi.
Una figura pervasiva che in nome del figlio avanza nella vita. Ecco declinato e aggiornato il partito famiglia. Il babbo di Renzi, il babbo di Lotti, il babbo della Boschi.
Il figlio di Casaleggio.
L’eredità parassitaria, la vigorìa familistica sono il saldo degradato di una società in disfacimento dove a comandare è il capitale finanziario e la tecnologia informatica. Governano Apple, Facebook e le banche d’affari. Superpoteri che annichiliscono governi privi di rappresentanza e di idee. Si perde pure il significato delle parole. Le riforme non hanno più il sapore di promuovere cambiamenti sociali ma di sistemare pacchetti di interessi. Allocarli qua o là. E l’infiltrazione di questa barbarie ha prodotto sistemi pazzeschi. Lo sfruttamento ai tempi della Inghilterra di Engels era niente rispetto a quello che c’è nella Cina comunista.
Le leggo un titolo del Fatto quotidiano di oggi: Consip, “Lotti tentò di raccomandare l’a mi co del padre di Renzi a Emiliano”. È la sintesi della sua teoria: in ogni sillaba anfratti del partito famiglia.
Lotti, il ministro. Che presenta al governatore della Puglia… Una parola su Emiliano la vogliamo dire? Questo signore è chiaramente, platealmente affetto da un disturbo narcisistico. La prima aspirazione che ha è verso la massima funzione del governo.
Lotti presenta a Emiliano l’amico del padre di Renzi.
L’amico del padre, ha capito dove siamo giunti?
La corsa verso il fondo è inarrestabile.
Alla mia età non si crede più che esista un fondo. Il peggio chiama altro peggio e temo che siamo solo a metà del precipizio.
Da: Il Fatto Quotidiano, 25 febbraio 2017