Sono sei, di età compresa tra tre e quindici anni, i bambini che qualche giorno fa la magistratura napoletana ha sottratto alla patria potestà dei genitori, camorristi di vario calibro. La novità clamorosa è che questa decisione è prima culturale e poi giudiziaria: non solo le famiglie ma Napoli nel suo complesso non è nelle condizioni di far crescere i propri figli in un ambiente che non sia criminogeno. Perciò meglio mandarli al Nord, lontano dalla città della mala gente. A Isaia Sales, che studia da anni le cause della devianza civile di marchio camorristico, abbiamo chiesto se questa non sia in effetti la statuizione di un principio capovolto. In questo caso, in qualche modo, le colpe dei padri ricadono sui figli: “Sì, è così. In qualche modo si prende di mira il contesto sociale. Basta questo per supportare una decisione traumatica e definitiva: allontanare un bimbo dai propri genitori”.
Questi bambini però confezionavano droga, marinavano la scuola.
Ma non discuto! Altrove però si sarebbero invocati i servizi sociali, la famiglia sarebbe stata accompagnata in un recupero etico della propria funzione e i genitori messi davanti alle responsabilità. Oggi Napoli è senza alcuna capacità di accudire, assistere. È in balìa della sua nuova povertà. E la magistratura ne prende atto troncando il discorso e separando i destini.
Lei ha parlato di Stato-padre.
Riflettiamo su un punto: i soggetti qualificanti della vita napoletana oggi sono i camorristi e i giudici. Chi delinque e chi ripara, chi offende e chi punisce. Manca completamente la politica, manca la società. Nell’assenza il confronto si sviluppa in modo anomalo. Il giudice ha solo il codice penale come espressione della sua funzione.
Cosa deve fare il magistrato?
Infatti il magistrato, vistosi alla strette, capito che il Municipio non aveva mezzi per sostenere la riabilitazione e la città non aveva luoghi, comunità, case famiglia dove far accogliere questi bambini, ha deciso lo stralcio della loro vita. Ovvero la migrazione da un punto all’altro della Penisola.
Ha deciso che i bambini del Pallonetto, il quartiere dove stavano crescendo nell’illegalità, possono avere una vita felice solo a condizione di migrare al Nord. Come se il Sud – infettato dal virus criminale – non avesse più anticorpi.
Dal momento che non sono disponibili medicine e cure per combattere l’infezione sociale è meglio farli fuggire.
È un giudizio definitivo e mortale sul Sud.
Un giudice ha a disposizione solo questi provvedimenti. E il magistrato protagonista di questa sofferta decisione aveva nel passato, quando esercitava la sua funzione in Calabria, adottato provvedimenti simili.
Un fatto clamoroso che però non sembra scuotere la città, figurarsi l’Italia.
Alla crisi economica, devastante in sé, si sovrappone una crisi politica mai vissuta prima. Se non c’è un pensiero di rinascita, un’idea almeno abbozzata su cosa fare, è chiaro che la deriva avanza.
Sembra che le famiglie a cui sono stati tolti questi bambini in qualche modo abbiano approvato. Meglio lontani che delinquenti.
Forse sì, non saprei. Certo però che ci troveremo, se questi provvedimenti giudiziari proseguiranno, con lo Stato che utilizza l’arma finale, l’arma letale con la camorra: ti tolgo i figli.
È una misura severa ma forse saggia se i figli devono seguire le orme dei padri.
È l’unica misura utile. Però, e qui sta la crisi enorme e devastante, queste decisioni non dovevano essere affidate a un giudice. Il compito di creare nella società le minime condizioni per un riscatto e una riabilitazione sono dello Stato. Ricordo che nei primi momenti della giunta Bassolino il Comune riuscì a dare un aiuto economico alle mamme che si impegnavano a lasciare lo spaccio e ad allontanare i figli dall’ambiente criminale. Fu un patto civile: io ti aiuto se tu ti impegni a deporre le armi della delinquenza. Oggi non solo non ci sono fondi pubblici per queste politiche ma non c’è neanche la forza di organizzare una struttura di servizi sociali che in questa città dovrebbe essere la sua colonna vertebrale.
Non resta che l’esilio.
Così pare, purtroppo.
Da: Il Fatto Quotidiano, 18 febbraio 2017