Sono undici anni che tra il 24 e il 28 dicembre, data fissa, viene emanato il decreto milleproroghe. Non c’è altro atto avente forza di legge che sia così certo, puntuale, improcrastinabile.
La proroga come elemento culturale dell’identità nazionale, il rinvio come strategia, l’apparenza che diviene realtà. Pier Luigi Petrillo insegna Diritto pubblico comparato all’Unitelma Sapienza e Teorie e tecniche del Lobbying alla Luiss, ed è un indagatore del rinvio come carta della fortuna, strategia del cuore, motivatore delle nostre pigrizie. “È l’impronta digitale del nostro pensiero, la necessità di ovviare alla realtà provando a utilizzare l’apparenza”.
Noi riusciamo a prorogare persino scadenze già scadute.
Risolviamo in modo unico il problema: lo eliminiamo dal presente e lo spostiamo in un futuro indeterminato, giacché siamo pronti, alla scadenza del primo rinvio, a emanare un decreto di ulteriore proroga. Essendo gli unici in Europa a utilizzare questa legislazione fantasy, sono sicuro che qualcuno ce lo copierà prima o poi. In effetti è bellissimo rinviare. Perché mai bisogna pagare le tasse entro quel termine?
La proroga come cultura e strategia di vita.
Non ci bastano più le parole per essere ultimativi: se bisogna adempiere un certo atto “entro il” noi troveremo scritto “entro e non oltre il”. Abbiamo bisogno di un rafforzativo per dichiarare la nostra volontà ferrea di non transigere.
È severamente vietato…
Vede? Non ci bastava scrivere “è vietato”. Quel severamente ci aiuta a non fare i conti con la realtà.
Il rinvio è una speranza o una furbata?
Il rinvio serve alla politica per affermare di aver fatto una cosa che poi non è. E ai giornali per titolare su una decisione dandola per acquisita e definitiva quando non è. Qui siamo alla forma più sofisticata del rinvio: la legge si approva ma è vuota e rimanda a decreti legislativi, a un futuro prossimo alquanto incerto. La legge Madia sulla Pubblica amministrazione è un guscio vuoto, una semplice promessa, per esempio.
Siamo in tempi di post verità.
Anche la legge sul Jobs act è un guscio vuoto, licenziata dal Parlamento senza contenuto.
Serve al potere per affermare di aver affrontato un problema.
Siamo all’apparenza che vince la realtà. Il potere ha bisogno di comunicare delle decisioni e usa strumenti per manipolare il giudizio dei cittadini. La legge effettivamente c’è, ma la sua attuazione è definita da altri atti che non hanno tempi certi. Io intanto dico al Paese che ho realizzato quella riforma.
Il benedetto tweet renziano.
Attento perché questa non è una caratteristica solo renziana. La delega, l’utilizzo cioè delle fonti secondarie del diritto come sistema principe per legiferare, ha padri illustri e più numerosi di quanto si creda.
La proroga come soluzione.
Come tattica, strumento della nostra furbizia.
Anche come idea strategica di una vita che cammina a zig zag.
Intanto io rinvio, e mi tolgo il problema davanti agli occhi, un gran peso sulla mia coscienza.
Costa però rinviare.
Certo che costa. Esempio: per un intero anno ci hanno assillato con questo obbligo del contabilizzatore di energia su ogni termosifone di ogni casa. Una necessità assoluta per metterci in regola, un impegno che l’Europa ci chiede.
Ce lo chiede l’Europa è il refrain dei tempi moderni.
Poi a dicembre la proroga: non più entro il 2016, ma nel 2017.
Penso che a dicembre prossimo sposteremo ancora la lancetta.
Non ho alcun dubbio. Noi rinviamo, ma pagheremo una multa naturalmente.
Ah, la multa!
Certo!
Il termine di pagamento delle multe è perentorio?
In alcuni casi è negoziabile.
Da: Il Fatto Quotidiano, 7 gennaio 2017