“Il nostro è stato un Sì agricolo”. Le mietitrebbie per la riforma costituzionale. “Ho fatto un tour. Ho incontrato 120 mila iscritti e all’apertura di ogni discorso spiegavo la mia posizione”.
Si chiama Roberto Moncalvo, ha 36 anni, è torinese, produce ortaggi bio, ha una laurea in Ingegneria dell’auto e risiede per gli affari correnti a palazzo Rospigliosi al Quirinale. In metri quadrati la sua stanza vale un appartamento, gli stucchi e i quadri della nobile dimora spiegano che gli agricoltori italiani, benché afferrati al collo dalla crisi, hanno ancora un quarto di bue sotto il cuscino. La Coldiretti è l’associazione di categoria, la più antica e produttiva e amata lobby italiana. Ha un milione e 600 mila iscritti e un bilancio di circa 600 milioni di euro. Sarà merito delle vacche, della frutta o delle melanzane? Di tutto e di più. Moncalvo è il presidente del #cambiaverso.
Il Sì agricolo è una novità assoluta.
Il Sì del nostro mondo per le riforme. Non vedo dov’è il problema. Lei ha fatto raccogliere le firme agli agricoltori, come fossero un partito. Chi voleva raccoglierle, liberissimo di farlo.
S’è dato la zappa sui piedi.
Non abbiamo obbligato nessuno, eh! Massima libertà.
Ha scambiato la Coldiretti per un circolo del Pd.
Ma siamo seri: la nostra adesione al percorso delle riforme è stata convinta e leale.
Un voto di scambio: appoggio al referendum contro abolizione dell’Imu agricola.
Quella era un’orribile tassa. Ingiustissima.
Condivido. Però ha esagerato un pochino con l’afflato per Renzi.
Non vedo dove. Oggi poi… ha vinto il No e ne prendiamo atto. Semplicemente.
Il suo ufficio è super presidenziale.
È una bella sede, sì.
Ma è vero che il segretario generale guadagna più di un milione di euro all’anno?
Perché fa questa domanda?
Perché è curioso che l’agricoltura sia in crisi ma i suoi rappresentanti di meno.
È una questione trita e ritrita, una polemica superata, ora lei la ripropone.
È una di quelle domande evergreen. Si fa sempre bella figura a farla.
Proprio il suo giornale ne diede conto, credo abbia pubblicato.
Disturba se ripubblichiamo?
Leggo Il Fatto ogni mattina e trovo molto interessanti le prese di posizione sulla qualità del cibo, la tracciabilità. Condivido pienamente.
E lei quanto guadagna?
Non penso proprio che sia rilevante la domanda.
Renzi, il suo faro, chiede trasparenza.
Il mio faro è la comunità degli agricoltori italiani. Sono chiamato a tutelare i loro interessi così defraudati dalle lobbies dell’industria alimentare.
Dunque, il segretario generale guadagna circa un milione di euro all’anno.
Assolutamente falso, molto di meno.
Quanto?
Cifre nettamente inferiori.
Ma quanto?
Diciamo almeno del 40-50% e tenga conto che il suo contratto è a tempo determinato.
Lei è simpaticissimo.
Non vedo la necessità di attardarci sulla questione e non mi aspettavo di essere interpellato su questi temi.
A Milano i suoi iscritti hanno fischiato il premier venuto per suggellare l’amicizia.
Era Firenze.
Allora erano fischi fiorentini.
Vogliamo che l’Italia ricordi che senza gli agricoltori non c’è futuro. Siamo quelli soggetti ai vincoli più stringenti, ai controlli più duri. Però poi i nostri prodotti vengono sabotati, costretti a essere svenduti.
Vuol dire che Confindustria conta più di Coldiretti.
Abbiamo ottenuto da questo governo che sul latte e i suoi derivati venga certificato l’origine del prodotto.
Non solo dov’è confezionato, ma da quale mucca proviene quel formaggio. Succederà anche col grano?
Ancora non siamo purtroppo giunti a questo punto.
I pastai italiani quale grano usano?
Quello ucraino, se è tenero, o il canadese, se è duro.
Ma il grano duro cresce al sole. Il Canada non è ai Caraibi.
Fanno seccare le piante verdi con un potente agente chimico, il glifosato.
Il glifosato lo usa l’Anas per bruciare l’erba ai lati delle carreggiate.
Uguale uguale. Il glifosato rinsecchisce la pianta che da verde diviene gialla.
Grano avvelenato.
I pastai dicono che in questo modo la spiga custodisce il massimo delle proteine.
Che bella notizia. Quale pastaio in Italia usa il grano italiano?
Di grandi marche ricordo Voiello.
Quelli di Gragnano?
Credo si approvvigionino all’estero.
E il ministro Martina lo sa?
Certamente, lo sappiamo tutti. Gli industriali dicono che quel grano ha qualità inenarrabili.
La lobby conta e lotta insieme a noi.
Sa quanti bovini pascolavano nel 1960? Dieci milioni.
Oggi?
Quattro milioni. Senza vacche sparisce la campagna e scompare l’Italia.
Da: Il Fatto Quotidiano, 15 dicembre 2016