Che spettacolo s’annuncia: il rottamatore che passa la campanella di presidente del Consiglio a mister Camomilla, al secolo Paolo Gentiloni. Dall’urlo al bisbiglio, dalla propaganda al freezer, dalle slide alla penna biro, dalle riforme alla stasi. Il tempo passa in fretta e Matteo Renzi decide di affidare in comodato d’uso il suo governo al proprio opposto, l’amico e mentore Gentiloni. La spiegazione è semplice: “Paolo ha il difetto di apparire senza verve ma il pregio di non tradirti. Se lo decide ti avverte sempre prima e ti spiega perché lo fa”.
IL PREGIO supera di gran lunga il difetto nella breve nota caratteriale che elenca l’amico deputato Michele Anzaldi. Ma da solo Renzi non avrebbe potuto imporlo se il prescelto non avesse avuto ammiratori in tutto il mondo. Papato e Repubblica sono d’accordo. Il presidente Mattarella è felice, il presidente di Mediaset anche di più. Il presidente Massimo D’Alema lo stima, il presidente Fedele Confalonieri gli è amico. Il Papa rammenterà il patto Gentiloni con il quale i cattolici tornarono nel 1913 alla politica. Il sangue blu gli scorre per via della discendenza dal conte Ottorino Gentiloni Silverj, nel cui palazzo oggi dimora.
Gentiloni la pensa sempre nel modo di mezzo, e questa sua capacità di unire un po’ sia la capra che i cavoli, gli consente oggi di essere sul punto di sbarcare a Palazzo Chigi. Ha 62 anni, una moglie, l’architetto Emanuela Mauro, e i capelli d’argento, gli occhiali rettangolari, i vestiti grigi, il loden verde. Ecco, lui è l’uomo del loden. Lo indossa a ottobre e lo ripone in armadio a marzo calato. Quando aveva 18 anni e frequentava il liceo classico aveva invece i capelli lunghi, niente occhiali, e già una passionaccia per la politica. Estrema sinistra, movimento studentesco, poi Pdup. Leader glaciale e rispettato. Non sembra abbia menato botte ma è certo che ha assistito, presumiamo con qualche godimento, alle legnate che cascarono sulla testa di Antonio Tajani, allora monarchico e dunque molto in minoranza al liceo Tasso, scuola di ambedue. Bisogna dire che la lotta per l’unità proletaria non lo ha mai distolto dalla fede. È stato catechista insieme ad Agnese Moro. Di lui si ricorda anche una fuga da casa quando decise di essere a Milano per la commemorazione della strage di Piazza Fontana. Di sinistra, comunista eterodosso, si infiammò per il pensiero di Luciana Castellina e iniziò a collaborare a Guerra e Pace. Di lì a poco (anno 1984) viene traghettato alla direzione di Nuova Ecologia da due compagni, Ermete Realacci e Chicco Testa. Anche se può incuriosire molto, Paolo Gentiloni non ha mai mutato tono, e il suo linguaggio, già felpato per via dei trascorsi familiari, è andato affidandosi e ancor più ingentilendosi con l’incontro con Francesco Rutelli. Di cui è stato portavoce e poi assessore al Turismo e al Giubileo a Roma. Di più: guidò la campagna elettorale di Rutelli a premier nel momento di maggior fulgore di Berlusconi e senza l’appoggio della sinistra di Rifondazione e di Di Pietro la vittoria sfumò per un soffio.
Cortese fino al midollo (Realacci ha riferito: “Per dire che uno è cretino usa una perifrasi lunga mezz’ora”), ma dotato di indubitabile fiuto, fondò la Margherita. Il centro del centro del centro. Dove conobbe il giovane Renzi, che avrebbe anni dopo ritrovato. Dal 2001 è in Parlamento. Nel 2006 è ministro delle Comunicazioni. Non è riuscito a riformare la Rai, né è riuscito a mandare Rete4 sul satellite. Ha perso dunque le sue più grandi battaglie e questa è stata la sua fortuna. Quegli anni gli sono serviti a conoscere la family berlusconiana e in qualche modo a farsi apprezzare, malgrado da Forza Italia abbaiassero come cani contro le sue leggi: “Atto di banditismo”, fautore di un “disegno criminale” per azzerare Mediaset. Ma era Gasparri a dar su con la voce, e quindi… E poi Gasparri, da giovane fascista, aveva dovuto subìre le angherie politiche di Gentiloni, molto più forte di lui al liceo dov’erano iscritti.
DURANTE la presidenza della commissione di Vigilanza ha conosciuto la dimensione narcisa del potere, le ruffianaggini dei giornalisti, le brevi passioni verso l’arte televisiva di questa o quella soubrette di questo o quel politico. Gentiloni, che è uomo di mondo, lo ha attraversato anche nella sua zona d’ombra. Quando il rottamatore è esploso, mister Camomilla era lì davanti ad attenderlo. È stato promosso ministro degli Esteri per fregare Lapo Pistelli, già fregato da Matteo nella corsa a sindaco di Firenze. Ministro degli Esteri seppure l’anno precedente, il 2013, si era candidato alle primarie del Pd per fare il sindaco di Roma. Giunse terzo, dopo Ignazio Marino e David Sassoli. Ma come detto le sconfitte a Gentiloni fanno solo bene. Così, volando in tutto il mondo, ha conosciuto Raul Castro, i think tank progressisti americani e israeliani, titolato e presente a ogni festa in ogni ambasciata. Gentiloni è un caso strano: ha solo amici.
Da: Il Fatto Quotidiano, 10 dicembre 2016