È un prof volitivo, creativo, innovativo. Ai ragazzi dell’istituto tecnico Galilei di Lecce Daniele Manni, 57 anni, docente di Informatica, sta molto simpatico. Al punto di volerlo vedere premiato all’Italian Teacher Prize, costola del Global Teacher Prize, il Nobel per l’insegnamento nelle scuole voluto dalla Varkey Foundation presieduta da Bill Clinton.
Lei dunque gareggia per la prima posizione in Italia. Il miglior prof che abbiamo?
Ma no. Forse hanno apprezzato la disparità dei temi trattati con i ragazzi, l’arco dell’impegno scolastico e anche extra.
Lei insegna Informatica. Ma sembrerebbe che faccia tutt’altro.
Insegno l’informatica nel corso delle attività che svolgiamo. Abbiamo negli anni concorso a realizzare molti progetti in campo sociale. Dall’impegno per la pace (nostra è la bandiera più grande del mondo), al sostegno all’uso delle bici.
L’avete chiamato Movimento cinque selle per arruffianarvi un po’ quegli altri.
Minime strategie di marketing. Dobbiamo imporci sul mercato delle idee e delle opinioni. Nel Salento, piatto come un biliardo, l’uso della bici dev’essere ancor più incentivato. E poi la campagna per la pulizia del territorio con gli ecodays.
Un weekend con la scopa in mano.
Abbiamo chiamato a raccolta le famiglie dei ragazzi e tutti coloro che volessero partecipare. Ciascuno adottava un pezzetto di Salento e lo tirava a lucido.
Grande impegno sociale, ma l’informatica ancora non si vede.
Anche qui, capiamoci: questi progetti hanno avuto bisogno del supporto del web. E i ragazzi hanno messo in pratica le nozioni scolastiche, anche se da nativi digitali sono padroni della materia. Con me hanno affinato il carattere multimediale, hanno conosciuto un impegno pubblico che li rende più consapevoli e sicuri.
Il piatto forte suo però sono le piccole iniziative economiche.
Start up, oggi si chiamano così.
Elenchi.
Nell’istituto abbiamo creato una cooperativa di servizi che copre tutte le diverse attività imprenditoriali dei ragazzi. I nostri alunni hanno la possibilità, se lo desiderano, di immaginare e costruire aziende, un terreno economicamente profittevole.
Sono casi di studio o aziendine vere?
Macché studio! Devono stare sul mercato. Grafica pubblicitaria, merchandising, valorizzazione e distribuzione dell’olio d’oliva…
E qual è l’indice di sopravvivenza di queste aziende? Gli studenti riescono a trovarle in vita anche dopo il diploma?
L’indice di sopravvivenza è del 12 per cento. Un tasso rilevante, mi dicono.
Quindi lei fa il prof ma anche l’amministratore delegato.
Li accompagno alla vita.
E il tutore politico.
L’impegno sociale è fondamentale.
E l’informatica?
La scuola ha bisogno di creatività. Altrimenti sai che noia…
Da quanti anni insegna?
Trenta, ventisei trascorsi qui.
È un barone allora!
No, alleno la mente a fare altro, a guardare oltre i programmi ministeriali.
Che comunque non segue.
Dicono che sia un prof fuorilegge. Ho già spiegato che li seguo con un aggiornamento personale, modello la materia sulle necessità degli studenti, impongo molta pratica, chiedo ai ragazzi di essere innovativi, di sperimentare.
Si diverte.
Accipicchia! Tantissimo.
I volti di tanti suoi colleghi sembrano appesantiti, annoiati, delusi dall’insegnamento.
Hanno un legame forte con la tradizione, sono abitudinari, consegnano nella loro mente un lavoro che non prende mai aria. Quindi ogni cosa sembra un déjà vu, ogni giorno una fatica, ogni anno l’ansia di contare il tempo che ci divide dalla pensione.
Invece lei…
Me e tantissimi altri.
Non esageri con i tantissimi.
Siamo più creativi, spingiamo un po’ autonomamente sull’acceleratore della nostra personalità. Tentiamo di scartare la noia, snobbarla e avanzare con le novità. Prendiamo la vita e la buttiamo nella scuola.
I ragazzi sembrano contenti.
Contenti? Di più.
Da: Il Fatto Quotidiano, 10 dicembre 2016