Alza la serranda e attende.
So che mi ricapiterà. E so purtroppo che la scena, essendomi così abituale, non sortisce più emozione in me.
Dopo tante paure la paura è passata.
Sento di aver terrore della privazione di un sentimento umanissimo, della naturale condizione in cui un uomo in pericolo deve sentirsi. Invece sono un plurivaccinato della pistola alla tempia o al petto e questo fatto mi toglie tranquillità. Ho paura di non provare più paura.
Lei è solo un farmacista. Vorrebbe vendere le medicine e a sera rincasare.
Ho la sfortuna di esercitare in una zona molto popolare e degradata, tra Boccea e Torrevecchia, sul versante nord di Roma e di avere la farmacia che s’affaccia su uno stradone utile a una fuga senza rischi.
È un bersaglio continuo.
Finisce una rapina e attendo che arrivi l’altra.
Sa già che verranno a trovarla di nuovo?
Lo so. E quando succederà vorrei non pensare che è tutto normale, che in una società in cui gli emarginati sono tanti anche i delinquenti proliferano e qualcuno capita da me. Vorrei non abituarmi perché so che la troppa disinvoltura può produrre solo guai.
Vogliamo approfondire?
Stare davanti a un tizio che magari armeggia con la mano tremante e la concitazione dello sprovveduto senza avvertire alcuna emozione è una sensazione orribile.
Come contrasta la sua alterata percezione, la sua sfida passiva alla paura che oramai le manca?
Mi dico che devo stare concentrato, guardare bene i colori del vestito, la statura, i tratti somatici, tutte cose che possono servire per il riconoscimento in commissariato.
Immagino che la sua farmacia sia come Fort Knox.
Ho telecamere e allarmi ovunque, e microcamere persino tra i medicinali. Inquadrature da ogni versante in modo che le forze dell’ordine possano avere la migliore visuale. Collegamenti diretti con la questura, la speranza che in pochi minuti gli agenti saranno da me e forse il rapinatore non riuscirà a scappare.
Le è successo di veder riacciuffato il furfante?
Una volta sola.
Perché le farmacie sono più a rischio di altri esercizi commerciali?
Forse i delinquenti sanno che le persone che le conducono sono più miti, la rapina è poi meno complessa. Un supermercato è grande, diviso in tanti scompartimenti dietro ai quali chissà chi può esserci. Una macelleria ha in dotazione armi da taglio e personale magari più muscoloso e audace. Il farmacista, tante volte la farmacista, è l’obiettivo più abbordabile.
In nome delle battaglie alle rapine lei è stato eletto presidente di Federfarma a Roma.
Sono cinquecento le telecamere che i farmacisti romani hanno installato a tutela della propria sicurezza. Ma sono telecamere utili anche alla città.
I tossici vengono a farvi visita spesso.
Sono sbandati in cerca di qualche decina di euro. Le rapine non vanno oltre i 500 euro. Quel che serve alla siringa quotidiana se si è sfortunati, oppure alla provvista settimanale se il bottino è grasso.
Lei li riconosce oramai appena varcano il portone.
Immediatamente. In genere entrano col casco. Capisco subito che la giornata è andata.
Le capitano delinquenti cortesi?
Persone che attendono il proprio turno, sì. I professionisti fanno stare più tranquilli: sai cosa vogliono, sai che gestiscono l’arma con prudenza. A volte sono loro a calmare l’ansia: Dottore è ’na rapina ma facciamo subito, tranquilli tutti che ce ne andiamo tra un momento.
Quanto dura in media?
Trenta secondi la fase del prelievo, qualche minuto l’intera operazione.
E lei guarda ma non trema.
Purtroppo è così. Osservo, analizzo, penso. Mi è stata rubata anche la paura.
E ha paura per questo.
Ho il timore di esagerare con la sicumera e fare passi avventati. Quindi mi faccio obbligo di rimanere cosciente, teso, preparato e attento. È una forma di autodifesa.
È l’incredibile di questo nuovo tempo.
La paura di non aver paura.
Da: Il Fatto Quotidiano, 26 novembre 2016