Il socialismo trionferà, parola di Carlin Petrini, teorico della tavola come bene comune e della terra come mezzo di produzione ed emancipazione dei popoli.
Il socialismo, Carlin?
Cosa abbiamo conosciuto noi? La realtà del blocco sovietico, contro la quale ho combattuto e protestato e poi varie, eterogenee e fragili esperienze terzomondiste. Non abbiamo mai riflettuto abbastanza che nel nostro Dna, intendo in quello della società italiana, c’è una linfa vitale solidaristica che non si spezza, non muore. È il grande mondo del volontariato, la grande rete dei beni comuni, della condivisione e della connessione.
Il mondo è della finanza però.
L’ascesa di Trump ci dice che siamo alla svolta, al vicolo che ci condurrà davanti a una scelta. L’estremismo dell’elezione del magnate americano è figlio dell’inadeguatezza di Hillary Clinton, ma soprattutto del boicottaggio di una candidatura forte e politicamente chiara come quella di Bernie Sanders.
Sanders è stato giudicato troppo di sinistra.
Il solito errore, la sudditanza verso modelli culturali antiquati, la voglia di mitigare, ridurre fino ad annullare la propria identità. Io avrei votato Sanders e Sanders, credo e penso, avrebbe fatto vincere i Democratici. Invece la rinuncia, e con la rinuncia l’avvento di questo qui.
La sinistra ha avuto sempre riserve su se stessa, come se non ci credesse fino in fondo ai valori del socialismo inteso come divisore comune.
Infatti chi la vota? Sono milioni i cittadini che hanno chiuso con il voto, ma altrettanti milioni che ogni giorno si danno da fare per il loro municipio. È una ricchezza spaventosamente svilita. Co s’è il terzo settore? Chi mai parla delle mille e mille associazioni che in ogni borgo sorgono per fare qualcosa di utile, di buono e di giusto?
La sinistra ha bisogno di parole nuove e di un Papa straniero. Lei spariglierebbe.
Per quel che riguarda il papa abbiamo già Francesco che sta sparigliando parecchio. A proposito! Proprio ieri ho iniziato una collaborazione con la televisione della Chiesa italiana, Tv2000.
Un cosacco a San Pietro finalmente.
Un minuto ogni venerdì nell’ora del telegiornale. Un piccolo editoriale settimanale. Mi piace, mi stuzzica l’idea di andare a parlare alla televisione dei vescovi…
Lì amano altri partiti.
Ma io non sono un capo partito e quindi…
Ha in testa un nome?
Ho in testa il magma enorme ma sconosciuto e a volte invisibile di pensieri e opere solidali. Di magnifiche e disseminate testimonianze di altruismo quotidiano. Per il mio lavoro, che è la mia passione e la mia scelta di vita, incontro gente fantastica ovunque. E dico che c’è bisogno al governo del Paese di questa energia diffusa, di persone capaci di tradurre in sistema tante, troppo solitarie espressioni di solidarietà e civismo.
In giro c’è più gente buona che cattiva?
Assolutamente sì. Non c’è proprio partita.
C’è vita oltre questa sinistra.
Gli italiani sono un popolo solidale e non individualista, e questo tipo di economia li sta fregando. Abbiamo la necessità di uscire dalla rete delle compatibilità e dalle parole vuote della convenzione: moderazione, riformismo, estremismo.
La sinistra deve tornare all’orgoglio delle proprie idee.
Mi piace un giovane filosofo di tradizione marxista, Diego Fusaro, che esprime con rigore e pulizia le sue convinzioni e difende con nettezza e grande orgoglio le proprie opinioni. È orgoglioso. Ed è bello vedere un pensiero espresso in maniera rigorosa e senza subalternità. La sinistra deve ricordare la sua missione. Contrastare la disuguaglianza e la povertà, dare a tutti pari opportunità, agevolare la crescita civile, far avanzare verso il potere gente nuova senza i soliti giri. Io immagino che la prima cosa da fare è la manutenzione delle persone deboli, povere, fragili. Sono milioni. Andar loro in aiuto e ricevere in cambio la loro energia.
La vedo dura.
Non ci resta altra possibilità. Siamo in una condizione tristissima e questa eterna, sfibrante e cattiva campagna referendaria ci porterà altri guai.
Pensa che dopo il 4 dicembre staremo peggio?
Non c’è ombra di dubbio. Non ho mai sentito così denso il sentimento di diffidenza quando non di odio. Questa prova ci ha sfibrati e finirà per dividerci ancor di più.
Renzi dice che la stima molto e che perciò è dispiaciuto della sua scelta di votare No.
Un buon tacer non fu mai scritto.
Da: Il Fatto Quotidiano, 19 novembre 2016