La più grande officina dello spreco mai nata si chiama Metro C. Quarantacinque varianti in corso d’opera, il 22 per cento di spesa in più rispetto ai preventivi, almeno il doppio del tempo previsto per concluderla, almeno tre sindaci frullati dentro le carte bollate, almeno una Spa nata per controllare e morta complice delle controllate. Cinque grandi imprese italiane coinvolte, un mare di carte bollate, un tir di documenti sequestrati, un’indagine della Corte dei Conti, una relazione dell’Autorità anticorruzione, un’inchiesta della Procura. Cosa c’è di peggio, dove c’è di peggio di una linea nata per collegare il sud con il nord di Roma, immaginata per trasportare le persone dai Castelli a San Giovanni, poi al Colosseo, infine al Vaticano e di lì a piazzale Clodio, e finita per mangiarsi i binari su cui corre? È letteralmente così.
I BINARI DEL TRATTO ora in funzione che congiunge la periferia estrema a quella urbana (Pantano-Lodi) con 363 milioni di euro conteggiati come aumento della spesa, si consumano nella difesa dal peso dei cerchi d’acciaio della metro. Questione di pendenze, di assetto, di velocità? Chi ha progettato, chi ha verificato? Ma soprattutto, chi mai ha denunciato? Questione di approssimazione, o anche “superficialità”, come ha scritto Raffaele Cantone, nello stendere i progetti esecutivi, nel valutare, con i carotaggi le sorprese archeologiche. Un’opera nata da un contratto tra Roma Metropolitane, società che doveva governare i cantieri, e il consorzio aggiudicatario difforme dal capitolato originario, con i costruttori che si erano impegnati a realizzare il primo tratto convenuto non in sei ma in quattro anni (sic!) e il Campidoglio che dà il via libera a ridurre gli oneri di prefinanziamento a carico del consorzio da 436 milioni a 44. “Avremo la metro per il 2011”, disse Walter Veltroni. Si è visto poi. Avremo metà della metro nel settembre del prossimo anno, se tutto andrà bene. Avremo forse il collegamento a San Giovani e l’intersecazione con la linea A.
E avremo da aspettare il 2021, sempre a Dio piacendo, per vedere chiusa la vergogna e realizzato il trasporto sotterraneo fino al Colosseo. Ma avremo anche però da capire chi pagherà il conto della contesa giudiziaria che è un fronte aperto e terribile sui danari da corrispondere e quelli da negare. Negli anni il cantiere da monumentale si è trasformato in una scena fantasy. Hanno scoperto per esempio una caserma dei legionari di Roma costruita diciotto secoli fa, dalla superficie enorme, almeno la metà della contemporanea corrispettiva stazione metro, all’altezza di via Amba Aradam. Non un vaso, un coccio, un muro sbrecciato colpito da un martello pneumatico. Ma un’enorme caserma! L’hanno scoperta dopo che erano arrivati dentro. E i carotaggi pagati per cosa?
Di scoperta in scoperta il costo è lievitato: 3 miliardi e 47 milioni sono divenuti 3 miliardi e 739 milioni, il 22 per cento in più. E al consorzio delle imprese (Astaldi, Vianini del gruppo Caltagirone, CCC e Ansaldo) è stata affidata la direzione dei lavori, una cosa da matti come diceva e continua a dire Athos De Luca, il consigliere comunale del Pd che più di ogni altro e prima di ogni altri aveva visto nel progetto il ricettacolo di ogni sconcezza: “Come era possibile che tre stazioni costassero più di nove, come era stato possibile che il Campidoglio non avesse imposto alla direzione dei lavori un suo fiduciario che tenesse almeno i conti, segnasse i metri, i buchi fatti e quelli da fare in un sottosuolo così unico e così prezioso?”. Come sia stato possibile che a Roma i costi a chilometro della metro siano lievitati fino a 135 milioni, con la tratta fino ai Fori che raggiungerà i 272 milioni di euro mentre Madrid ne ha spesi 30 a chilometro, Parigi sessantacinque, Copenaghen 68.
COM’È POSSIBILE infine che adesso si faccia finta di allarmarsi davanti all’unica decisione ragionevole presa dal sindaco di Roma: fermare i lavori prima che questi si mangino le casse del Comune, sciogliere la società che li avrebbe dovuti controllare, Roma Metropolitane, prima che il tribunale chiuda con un lucchetto i bilanci e li seppellisca in qualche angolo di piazzale Clodio. Perché davvero è bizzarra la questione: saranno mille le inefficienze e le mancanze della giunta a cinquestelle e non c’è dubbio alcuno. Ma questa no, era l’unica possibilità per fermare lo scempio. Ora però il ponentino romano inscena la farsa dello stupore, dimenticando che la Metro C è stata la monumentale commedia dell’immoralità.
Da: Il Fatto Quotidiano, 6 novembre 2016