ALTA VELOCITA’: QUELLA RESISTENZA CONTRO IL BUCO

Nella ridotta del Polcevera il comitato no Tav cerca di resistere all’indifferenza. “Il nostro più grande problema è che questa ferrovia non si vede, i cantieri sono dispersi tra vallate. Smontano pezzi di montagna, cementificano le valli ma nessuno se ne accorge. E chi ha occhi poi si acconcia sull’altro slogan in voga: tremila posti di lavoro! Di questi tempi buttali via”. Il cantiere è allestito in un pianoro che si allarga tra due costoni, siamo all’ingresso del buco, a Isoverde, frazione di Campomorone: “Qui inizia il cosiddetto Terzo valico. Sono trentanove chilometri di ferrovia in galleria su 53 di tracciato. Prima si pensava di far viaggiare le persone e si ipotizzò un flusso di 50 mila pendolari. Ma erano stime farlocche e allora il progetto è stato convertito sulle merci”. Porta gli occhiali, tra le mani due faldoni di documenti. È Mauro, ingegnere. “La cosa che più amareggia è che questo mostro di opera non poggia su una necessità, non ha una motivazione”. Il gruppetto dei contestatori è una fragile linea di resistenza. C’è Gianluca che fa l’operaio metalmeccanico. Poi Lorenzo, falegname, Lucio è tecnico di laboratorio, Silvana è impiegata presso uno studio notarile, Federico è disegnatore, Fiorella lavora in un’agenzia di assicurazioni, Andrea è pompiere, Laura avvocato. Gianluca non ci può credere: “Qui si spendono soldi per aprire buchi, dall’altra parte della montagna non c’è un euro per riparare le frane e consolidare i costoni scesi giù. È un paradosso eppure nessuno s’allarma. Qui c’era un bosco e quando lo hanno spianato i residenti si sono litigati la legna”.

Grumi di case lungo la strada che dovrà subire anch’essa delle rettifiche per far posto alle betoniere e agli autoarticolati: Borgo Fornari poi Voltaggio. Per dormire bisogna salire sui monti. Saliamo attraverso i boschi della Val Lemme, in provincia di Alessandria, proprio sul crinale che divide la Liguria dal Piemonte, il treno merci ad alta velocità passerà di sotto. Quassù si tengono le riunioni operative della resistenza. “Quanto costa un’opera, che beneficio darà, cosa potrebbe esserne di tutti quei soldi se fossero investiti in un altro modo”– dice Roberto, l’oste –. La gente pensa che sia un’opera utile e in realtà è dannosa e nel nostro piccolo abbiamo fatto tre giornate dal titolo ‘Adotta un ignorante’”. Per favorire gli indifferenti le serate sono state condite con lezioni di ballo. Finora tre gli appuntamenti musicali con i rudimenti del mambo, alcuni passi di bachata e un’infarinatura di sirtaki.

Da: Il Fatto Quotidiano, 27 ottobre 2016