La politica, diceva Guido Gonella, democristiano del secolo scorso, è “fatica senza lavoro, ozio senza riposo”. Nella politica affonda la vita, ogni passione e ogni sconcezza. E, come vedremo da qui in avanti, persino la memoria vi annega.
Il legislatore smemorato non è un signore di tarda età affetto da Alzheimer, ma la condizione attuale in cui ogni membro del Parlamento si trova. Così tante sono le leggi, i regolamenti, le mozioni e gli indirizzi da essere sconosciute persino da chi le ha approvate. In questo mini sondaggio, molto approssimato, alcune delle risposte più significative alla seguente domanda: lei quante leggi ricorda di aver votato? Beninteso non il numero, che sarebbe un’enormità, ma almeno il contenuto, una breve illustrazione del testo.
ANTONIO MISIANI, che con Bersani segretario era tesoriere del Pd, ricorda “quelle più note: la riforma del lavoro, la Buona scuola. Diciamo che rammento il quaranta per cento. Di più non credo, non so, davvero non è possibile conoscere. Si va in aula e si accoglie l’indicazione del partito”. Andando ciascuno in aula nell’attesa che qualche altro indichi il voto giusto, il risultato si fa comico. Augusto Minzolini, senatore di Forza Italia: “Tu voti tutto e se ti ripresentano il piatto davanti voti anche il suo contrario. Voti e non t’accorgi perché voti senza sapere. Perché non fai il tuttologo e non ti puoi permettere di approfondire ogni cosa. Avevo perciò proposto di fare una riforma costituzionale che desse alla Camera dei deputati il potere legislativo su tutte le leggi di spesa e al Senato la discussione sui grandi temi di politica estera, difesa, sulla società”.
IL DEPUTATO a sua insaputa è interpretato meravigliosamente da Gianfranco Rotondi, democristiano di antica specie, che si è trovato a dare l’assenso a norme del codice penale che gli fanno ribrezzo. “Non so cosa mi è successo, ma ho detto sì alla criminalizzazione del voto di scambio e del traffico di influenze. Se avessi riflettuto per bene avrei dovuto considerare che la politica è un permanente voto di scambio, senza il quale non esisterebbe la rappresentanza. E così pure il traffico di influenze. Dire che si condanna il traffico illecito è pura castroneria. Lecito e illecito sono come il mare che si increspa e un’onda surclassa l’al tra. L’acqua si mischia sempre e per sempre. Quindi, riepilogando: non soltanto noi parlamentari non conosciamo ciò che facciamo, non ricordiamo buona parte delle leggi che approviamo, ma addirittura ci infiliamo nel cul de sac di licenziare norme che non condividiamo. L’idea maestra su cui si fonda questa speciale inettitudine è che il legislatore ritiene che la legge valga solo per gli altri. Me ne sono accorto quando un procuratore della Repubblica mi ha confessato: ma lo sa che con la nuova normativa sul voto di scambio vi potremmo incriminare tutti? Allora mi son detto: ohibò!”.
L’OHIBÒ, lo stupore per quello che si fa senza saperlo, è il sunto di una nazione che già per suo vezzo rifugge dalla memoria. Non ricorda, e se rammenta non riflette, e se riflette poi si stanca e cambia strada. Il Parlamento di una Nazione smemorata poteva essere diverso? “Provi soltanto a conoscere le cose più importanti, i testi fondamentali. Tutto il resto è un fiume in piena che si ingrossa automaticamente”, dice Cinzia Bonfrisco, che guida i senatori fuggiti da Berlusconi ma non confluiti dentro le tasche di Denis Verdini.
HA RAGIONE il Financial Times: il problema del Parlamento italiano è la quantità delle leggi che si approvano, perché di lentezza non pare che soffrano le due Camere bensì di ipertrofia. “Azzanniamo ogni cosa, buttiamo in aula e facciamo finta di discutere e di approvare migliaia di mozioni, di documenti di indirizzo. Esageriamo, ci abbuffiamo di norme e poi, certo, magari ci mettiamo nella condizione di essere svillaneggiati perché non le ricordiamo”.
La smemoratezza è tratto comune, elemento costituente di un mestiere che si compone di parole, e sulle parole costruisce la propria fortuna. Vai poi a rintracciarle una per una! Se il giovane Simone Valiante afferma che è in grado di ricordare più o meno tutto (“ma sono solo tre anni che sono qui dentro e ho la memoria ancora fresca”) il suo compagno di partito David Ermini (Pd) tenta di tenere a freno l’enorme confusione attraverso un taccuino: “Mi segno nell’agenda per tentare di avere chiaro quel che devo fare e che ho fatto. Ma in tutta sincerità, cosa vuole che ricordi, cosa vuole che sappia di tutto quel che si fa?”.
Da: Il Fatto Quotidiano, 8 ottobre 2016