PONTI&PILONI: DELRIO MINISTRO SIGNORSÌ

graziano-delrioLa trasfigurazione di Graziano Delrio da ciclista buonista, ministro pragmatico e prudente in uno chansonnier renziano è divenuta certa ed evidente quando all’inizio dell’estate il presidente del Consiglio convocò i corrispondenti delle testate di tutto il mondo per annunciare che una delle vergogne italiane, i lavori infiniti per l’ampliamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, era stata smacchiata. A dicembre, disse, vi consegneremo quel tratto completato. “Inutile che sorridete”, avvertì Renzi nient’affatto intimorito del pericolo che le sue parole contenevano.

SE IL PREMIER ha una confidenza approssimata con la verità, invece non si può dire per il suo ministro delle Infrastrutture. Ma Delrio curiosamente non fiatò. Non disse quel che sapeva, e cioè che alcuni tratti della rete autostradale non erano stati neanche messi in cantiere per assenza di quattrini. Nel silenzio lasciò che alla stampa fosse venduta una notizia parziale, fosse annunciata per compiuta l’incompiuta, trasformando la A in B, il sopra in sotto.

Da quella data, la barba di Delrio ha iniziato a incresparsi e anche la sua memoria a fare cilecca. In breve: a divenire il ministro Signorsì. E sempre facendo finta di non ricordare quel che aveva detto, ha fatto da spalla al premier quando all’improvviso ha messo al l’ordine del giorno la costruzione del Ponte.

Adesso c’è da dire una cosa: per il Sud, Delrio s’è dato da fare più dei suoi colleghi. Ha sbloccato i lavori per l’hub dell’Alta velocità ad Afragola e finanziato il tratto ad Alta capacità Napoli-Bari. Quel poco che poteva l’ha fatto. Comunque ha dovuto lasciare la Sicilia con i ponti a mezz’aria, le strade franate, le autostrade interrotte e in Basilicata la Basentana, l’unica via che la attraversa, allo stato di colabrodo, in Calabria la famigerata statale ionica in un cantiere interminabile. Delrio poteva fare suo il motto sudista: amici, senza soldi non si cantano messe!Continue reading

Poltroncine in faccia e meno soldi per D’Alema

dalemaFascicolo D’Alema. È il tempo della “rabbia e dell’odio” e il mondo renziano, montando l’ansia per l’esito incerto del referendum, colpisce il principale nemico interno del No con le mani rudi del più fisico tra i suoi rappresentanti. Poltroncina in faccia. Ma anche l’embargo economico alla Fondazione Italianieuropei, la struttura organizzata della quale D’Alema è presidente.

Iniziamo dalla poltroncina. Ieri nella battaglia campale anti-dalemiana è comparso Luca Lotti, nome potente e silente. Come si sa Lotti non parla, bofonchia. Ieri invece ha azzannato D’Alema ricordandogli la furia cieca (infatti ha scritto “accecato”) con la quale l’ex segretario del partito ed ex presidente del Consiglio si scaglia contro il Sì, una ritorsione “per non aver ottenuto la sua poltroncina di consolazione”. Riferimento all’ufficio di commissario europeo delegato agli Affari esteri a cui D’Alema teneva così tanto che alla fine Renzi non ha concesso, preferendogli Federica Mogherini. Lotti, abituato come detto alle frasi brevissime, questa volta è comparso non in voce ma con un lungo e accurato scritto nel quale, senza un filo di sgrammaticatura (è purtroppo accaduto che parlando a braccio incorresse in devianze lessicali sia pure di modesta entità) gli ha illustrato i demeriti della propria azione politica. Gli impegni presi ma non evasi, le leggi annunciate e abbandonate, le riforme avanzate ma poi abortite. Su tutto è però, l’accusa più feroce: D’Alema è un ritorsivo e fa pagare al Pd il prezzo della sua mancata nomina. Per una “poltroncina” si fa “accecare” dall’odio.

L’ATTACCO così puntiglioso e plateale, di cui Lotti è esecutore e non mandante, si completa con un lavoro, sotterraneo, di moral suasion nei confronti dei finanziatori e sostenitori della Fondazione. La quale ha sempre avuto un enorme numero di amici e di imprese, molte di esse partecipate dallo Stato, molte altre proprio nelle mani del governo. Capitale economico necessario per permettere al think tank di liberare le energie intellettuali di cui dispone. Ventaglio veramente vasto dentro il quale, per dire, figurano anche le menti di Giulio Napolitano, figlio di Giorgio, e di Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia di Renzi. Mps, Enel, Unicredit, Rai, Aeroporti di Roma hanno scelto di vedere i loro loghi sulle pagine della rivista della Fondazione. E tanti amici, anche di opinioni politiche differenti, hanno sostenuto lo sforzo dalemiano di dare all’Italia una cultura europea. Angelucci e Merloni, Marchini e Guidi, Coop e Pirelli. Amici, amici e amici.Continue reading