È vietato lavorare nei campi dalle 12 del mattino alle 16 del pomeriggio sotto il sole cocente e fino al 31 agosto”. Non siamo agli inizi del Novecento e nemmeno dentro il cuore delle lotte bracciantili degli anni Sessanta capeggiate dal pugliese Giuseppe Di Vittorio. Non è l’Italia della riforma agraria ma quella dei nostri giorni e il divieto e il primo atto da sindaco di Nardò di Giuseppe (Pippi) Mellone. E Nardò non è un angolo sopraffatto dalla miseria, abbandonato dalla civiltà e dal diritto. È città del barocco, pregiato e nascosto quadrilatero della pietra bianca e lucente, degli orli imponenti, dei roseti cuciti davanti alle mura delle chiese. Città che in estate si riversa sui chilometri di mare meraviglioso, trasparente come acqua di fonte. La separa a sud da Gallipoli e a nord da Porto Cesareo. Decine di chilometri di costa e una terra fertile, per un’agricoltura che ha bisogno di braccia.
QUEL CHE di straordinario ha questa vicenda è che il sindaco è un giovanotto di 32 anni militante della destra post- missina, leader cittadino di “Andare oltre”, movimento nutrito dell’ideologismo almirantiano, ma elettore convinto e propagandista dei Cinque stelle, iscritto al blog, che il mese scorso è riuscito a conquistare il municipio senza però i voti ufficiali del Movimento grillino, organizzando da solo invece una comunità di milizie disperse. Elettori e militanti di Sel, simpatizzanti del Pd, molti di Forza Italia e poi a destra, sempre più a destra, fino a Casapound. I Cinquestelle no, avevano il proprio candidato. Battuto al primo turno. E ora si ritrovano a sindaco un loro simpatizzante che li sfida: “Il popolo grillino mi ha votato, è una verità”.
E la città, 32 mila abitanti, è nota non per il suo smagliante barocco ma per i fenomeni di vero e proprio schiavismo, per essere crocevia e smistamento delle braccia dei migranti neri costretti a raccogliere angurie e pomodori in condizioni umane pietose e con una retribuzione molto al di sotto della legalità. Oggi si ritrova con questa ordinanza, persino banale. Chi è chino a terra non può sopportare due pesi: la fatica e il caldo che qui sfiora i 40 gradi. “Non avevamo tempo da perdere, dopo i fatti delle scorse estati”. Le scorse estati, sì. Un bracciante nigeriano, Mohamed, 47 anni, stroncato da un infarto mentre era nei campi. Questo due anni fa. E l’anno scorso ha finito la sua vita allo stesso modo una bracciante italiana di 49 anni. Paola, una mamma di San Giorgio Jonico. “Ora abbiamo posti letto per tutti i lavoratori, e docce, bagni, acqua. Ha contribuito anche la Coldiretti, e questa è una gran bella novità”.
LA STORIA di Nardò contribuisce a illustrare il grande magma a cinquestelle dal quale emergono profili singolari come questo Mellone. E il Movimento, sebbene il sindaco non esponga il timbro dell’autenticità grillina, raccoglie delusi di ogni ceto e angolatura politica e li sospinge, perfino nel modo misterioso di questo centro salentino, verso il potere.
E questo primo atto sindacale – classicamente, filologicamente di sinistra – se lo intesta il giovane avvocato trentaduenne dall’amore smisurato per la destra, che qualche anno fa era dentro le truppe di Gianfranco Fini, inquadrato nel piccolo recinto di Futuro e libertà, il partito apparso e poi scomparso all’orizzonte. “Ma la destra è vicina a chi soffre, ai poveri, agli ultimi. È una vera infamia quella che la vuole soltanto ascara e conservatrice, contigua ai potenti e ossequiosa verso chi ama la vita in deroga. Non è vero, non è così e i primi atti della mia amministrazione sono tutti a legare una vittoria di popolo con i bisogni del popolo. Abbiamo prima risolto l’emergenza dei migranti, gli abbiamo dato il minimo indispensabile. Ora siamo insieme alla Caritas perché a Nardò la povertà indigena è più grande e grave di quella immaginata. È una città borghese ma con sacche di disperazione”.Continue reading