Lugo di Romagna è piatta come un biliardo, dentro la bassa che la tiene tra Faenza, Argenta e Ravenna. Si difende con tenacia dalle zanzare, che di questi tempi assaltano affamate, ma nulla può con il suo sindaco Davide Ranalli.
“Amministrare una comunità significa ingegnarsi per elevare la qualità del pensiero, sostenere i buoni sentimenti, alimentare la mente. Triplicare i fondi per la cultura, come la mia giunta ha deliberato, è un atto di sostegno al corpo e all’a nima”. Davide, ben piantato in terra, barba curata, ha 31 anni, da tre è sindaco, da 15 militante e dirigente locale prima dei Democratici di sinistra e poi del Pd. E da 16 anni ama follemente la lirica, ma così tanto che è riuscito a convincere i concittadini ad andare a teatro.
“Lugo è uno dei luoghi sacri di Rossini, il mio preferito. E il teatro di Lugo con gli investimenti che abbiamo deciso riesce ad avere concerti tutto l’anno”.
Con la cultura si mangia?
Certo che sì. Si mangia e si beve. Lugo è divenuto meta dei tanti appassionati di musica classica, crocevia di concertisti, organizzatori, melomani. Alberghi, ristoranti, bar hanno clienti che prima non potevano immaginare.
Quanto ha messo sul piatto?
Ho proceduto a una breve ma intensa spending review. Non ho naturalmente toccato il welfare, e tutte le attività che il Comune compie per tenere alto un livello di sostegno all’impresa e alla famiglia. Lugo ha vissuto la crisi come tutti, ma ha gambe forti e braccia robuste.
E dunque?
E dunque ho messo sulla lirica 800 mila euro, il massimo del massimo possibile per il mio bilancio.
E i suoi elettori?
Contenti. Sapevano a cosa andavano incontro eleggendomi.
Tutti a teatro.
A teatro e poi a partecipare a mille altre iniziative. Ho sempre detto e ripeto che un buon sindaco non si misura dalla quantità di asfalto che mette a terra. Una comunità aumenta di rating, diciamo così, se può godere di passioni che altrove sono inibite.
La cultura fa mangiare e fa vivere più felici?
Fa campare meglio. La conoscenza rende più forti, costringe alla riflessione, eleva il livello della discussione, promuove e riconosce i talenti. Con la cultura si affronta la crisi senza farsi spaventare.
Lei merita di andare in Parlamento.
Sto qui per adesso: primo mandato da sindaco. Magari faccio anche l’altro se la gente vuole.
È giovanissimo.
Ma io sono nato nel partito. A 15 anni ero in sezione, a poco più di 20 la dirigevo. Sono dipendente del partito (ora in aspettativa). Per me la politica è tutto.
E la passione per Rossini?
Mi sono innamorato di lui a 14 anni. Un amore che non finisce più.
Rossini e poi?
Mozart, Wagner.
Anche Cofferati è un melomane, l’ha conosciuto?
Vorrei tanto. L’ho stimato quando era segretario della Cgil e io un ragazzino, sa, in casa mia sono tutti operai.
Lugo quanti abitanti fa?
Trentaduemila. Economia trainata dall’agricoltura: vitigni e frutteti. Solidarietà, cooperazione, tradizione, fatica. E abbiamo un centro storico che è un gioiello. Non possiamo lamentarci anche se qualche anno fa si viveva meglio.
Lei non ha mai pensato che forse quel milione circa di euro che ha investito nel teatro potesse essere un aiuto concreto per i poveri, magari qualcuno ci sarà anche a Lugo…
Ripeto: il livello dei servizi sociali non è stato minimamente intaccato. Quel che c’era, c’è. Ho scelto di dar corso al mio programma e al primo punto, scritto in chiaro, c’era il teatro e la musica. Concerti, manifestazioni, appuntamenti diversi.
I suoi compagni apprezzano?
Ho ricevuto i complimenti dei dirigenti, apprezza Vasco Errani, l’ex governatore dell’Emilia Romagna, il mio faro.
Le piace Matteo Renzi?
Sostengo il suo governo, mi sembra vitale la riforma della Costituzione. Non sono un renziano della prima ora, ma comprendo lo sforzo che sta facendo per produrre un cambiamento positivo.
Ripetiamolo per le teste dure: con la cultura si mangia.
Si mangia e si beve. Cibo per la mente, capacità di vivere meglio in comunità, nutrimento delle competenze, avanguardia dei talenti. E poi, scusi, c’è un piacere fisico. Ascolti Rossini e non hai da chiedere nulla più alla vita.
Da: Il Fatto Quotidiano, 23 luglio 2016